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Storia e Critica

Sull’idea di complessità

Breve premessa

L’architettura decostruttivista ci esibisce la visione di un mondo distrutto, di un universo ridotto in briciole, in frantumi di vetro. Questo gruppo di architetti (oggi molto in voga) utilizza il termine “frattale”, ma in un senso completamente sbagliato. Io so cos’è un frattale, e vi assicuro che non è questo. In progetti e in articoli di architettura loro parlano di “caos”, di “sistemi non-lineari” e di “complessità” senza avere nessuna idea di che cosa siano. Ma per loro, questa ignoranza non è una vergogna, perché serve alla promozione commerciale e non alla verità scientifica.
Ho trovato queste affermazioni di Nikos Salingaros all’indirizzo http://www.stefanoborselli.elios.net/news/archivio/00000127.html.
Dovrò incontrare personalmente il professor Salingaros ad Alba, nel mese di settembre, in occasione di Architentare, un evento in cui si parlerà di architettura e anti-architettura. Si parlerà anche sicuramente di complessità e, per questa ragione e soprattutto per contraddire quanto dall’illustre citato, ho pensato bene di riprendere uno scritto di alcuni anni fa, che ripropongo ai lettori volenterosi di misurarsi in campo scientifico. Tanto per invadere, appunto, il campo, visto che gli altri lo fanno nel nostro, senza tanti riguardi.

Per approfondire vedi anche:
Complessità e Semplicità di Franco Pastrone (http://matematica.uni-bocconi.it/pastrone/complessita.htm)
Caos, Instabilità e Impredicibilità di Stefano Galatolo (http://www2.ing.unipi.it/%7Ed80288/pezzi/index.html)

Sull’idea di complessità
di Sandro Lazier

Complessità

“[…]progettare in uno spirito evoluzionista non comporta la riduzione dell’incertezza e della complessità, ma il loro aumento. Aumenta l’incertezza perché decidiamo di ampliare lo spettro delle scelte. Entra in gioco l’immaginazione. Invece di fare ciò che è ovvio, vogliamo ricercare e tenere in considerazione anche ciò che non è così ovvio”.(Eric Jantsch)
Definire la complessità nella sua accezione semantica può risultare assai arduo.[1]
Spesso, infatti, si usa definire complesso ciò che in effetti è solo complicato, ignorando gli elementi che distinguono complessità e complicazione. Tali elementi, tralasciando gli aspetti propriamente scientifici che determinano la distinzione[2], hanno quale caratteristica principale quella di procedere dinamicamente mediante interazioni con il mondo esterno, producendo effetti imprevedibili – a volte stupefacenti- senza alcun nesso logico e perfino in contraddizione con i dati e le aspettative iniziali.
In uno stadio affollato, l’improvviso starnuto di uno spettatore può provocare una serie di reazioni, spinte, movimenti improvvisi per i quali un altro spettatore, situato dalla parte opposta, potrebbe precipitare nel vuoto senza rendersi conto della causa del suo incidente. Uno stadio affollato è un sistema complesso perché piccoli cambiamenti iniziali possono produrre effetti indesiderati senza alcuna possibilità di fare delle previsioni analitiche per l’alto numero di variabili – in questo caso rappresentate dagli spettatori – che nessun modello di calcolo potrebbe valutare in tempi accettabili. Mentre risulta possibile un’analisi retrospettiva che per via logica determini il succedersi dei rapporti causali che hanno prodotto il cambiamento, l’analisi in senso opposto non è ammissibile in tempi tollerabili.
Così l’analisi retrospettiva è complicata, quella previsionale è complessa.
La complessità inoltre, non è insita nelle cose ma sta nel codice di lettura. Se si estraggono quattro lettere dell’alfabeto e si compongono secondo le combinazioni possibili si ottengono 24 (4!) parole reali, il cui senso o significato dipendono dal linguaggio connaturato al codice di lettura. Beninteso, tutte le parole sono reali e non hanno caratteristiche semantiche intrinseche, cosicché poche hanno probabilità di sopravvivere all’interpretazione formale. Porre in atto un’analisi previsionale solo con gli strumenti della logica razionale equivale a compiere una somma matematica con numeri variabili, instabili, impossibili da fissare numericamente e con infinite soluzioni. Escludere aprioristicamente dall’esistenza reale combinazioni non interpretabili significa l’abbandono di ogni possibilità evolutiva.
Per questa ragione, l’approccio ai sistemi complessi presuppone l’abbandono di concetti chiusi e chiari, in netta rottura con l’idea cartesiana per cui tutto ciò che è chiaro e distinto rappresenta in qualche modo la realtà.
Questo approccio apre la strada al conflitto tra ordine e disordine, rivalutando in senso evolutivo le manifestazioni disordinate, aleatorie e caotiche che saranno viste più avanti.
In sintesi, gli elementi che definiscono grossolanamente la complessità sono quindi:
– l’aspetto dinamico che condiziona ed allo stesso tempo determina l’evento
– l’aspetto interattivo che connette il singolo evento con eventi contemporanei[3]
 l’aspetto logico, legato all’impossibilità di ridurre ad algoritmo tollerabile la pretesa prevedibilità dell’evento, in senso tradizionalmente scientifico.
L’aspetto dinamico è particolarmente importante in senso logistico in quanto determina, in funzione del numero degli elementi che partecipano all’evento – prescindendo dal principio ologrammatico[4] – il grado di complessità dello stesso. Pochi elementi con grande velocità interattiva danno luogo, in tempi brevi, ad un evento pari a quello che molti elementi a bassa velocità possono produrre[5].
Così, sistemi particolarmente aperti, hanno velocità d’interazione maggiore rispetto a sistemi tendenzialmente chiusi, poiché la maggiore possibilità di scambio interattivo richiede tempi minori a parità di partecipazione attiva.
L’aspetto interattivo è determinante nella definizione di un sistema complesso, in quanto esclude a priori il principio logico dell’osservazione oggettiva, unica in grado di garantire l’universalità dei fenomeni osservati. Escludendo dall’osservazione l’osservatore, il medesimo diviene parte dell’esperimento ed influisce sullo stesso cambiandone evolutivamente il tragitto.
Ne risulta che l’insieme delle osservazioni conduce, bene o male, alla modifica dell’evento osservato, alterandone in conseguenza l’evoluzione. Nessun evento, nel campo complesso, può quindi essere assunto a modello universale, procurando il conseguente atteggiamento della rivalutazione in termini fondamentali di contingenze singolari – nel senso della singolarità – quali la località e temporalità dei fatti.
L’aspetto logico, data la sua importanza storico-filosofica nelle società occidentali, rimane l’aspetto più dibattuto e rappresenta l’attuale terreno di battaglia per filosofi e matematici.
I limiti della logica matematica sono stati segnati dalla dimostrazione di Goedel[6] che ha tolto ai formalisti il modello meccanico della matematica e del mondo. Il pregiudizio riduzionista secondo il quale, attraverso successive generalizzazioni, si sarebbe dovuti arrivare ad una semplificazione unitaria dei fenomeni naturali – e quindi anche sociali – è crollato poiché minato alla base – come una piramide capovolta – nei suoi fondamenti assiomatici, trascinando nel crollo la pretesa della logica classica relativa alla universalità ed atemporalità delle leggi della natura. Infatti, assiomi veri nel contesto della logica rigorosa non lo sono nel contesto dinamico[7]. L’informatica , con i suoi calcolatori, ha compreso e applica schemi logici in modo dinamico, con grande sorpresa nei risultati.
Per concludere, riepilogando gli aspetti più importanti ai fini di una comprensione finalizzata ad illustrare la progettualità in un sistema complesso, i medesimi possono essere riassunti soprattutto nella conseguente situazione di difficoltà ed incertezza che genera l’approccio a tali sistemi.
In particolare l’incertezza esprime come condizione parallela i concetti di disordine e caos.

Ordine, Disordine, Caso e Caos

Fin dall’antichità il dualismo ordine-disordine ha impegnato le notti dei pensatori più o meno raffinati, degli scienziati, dei politici e dei comuni mortali.
Misticismo e scientismo, arte e religione hanno fatto riferimento sin dall’origine alla competizione estetica e moralistica tra bene=ordine & male=disordine.
L’incapacità di comprendere[8] secondo un modello non razionale ha prodotto culturalmente un atteggiamento via via più ostile verso le manifestazioni confuse ed imprevedibili.
La presuntuosa superiorità dell’essere umano è giunta persino a credere che la natura e le sue manifestazioni rispondessero a leggi rigorosamente formulate da chissà quale entità dispotica. Il conseguente fatalismo deterministico ha sconvolto le menti al punto che tuttora possiamo piangere gli orrori procurati dalla sua applicazione ideologica.
L’ordine comporta molti vincoli i quali spesso diventano insopportabili e liberano la parte istintiva e razionalmente emotiva che ci appartiene.
Il disordine ci ha sempre spaventati, a volte più dell’ordine ossessivo, costringendoci a strani equilibri in bilico tra drammi esistenziali o banali punizioni corporali.
L’aspetto contraddittorio che ha caratterizzato l’uomo del nostro secolo è configurabile nella impossibile conciliazione tra i due concetti fondamentali che sostengono i sistemi democratici: libertà e giustizia. La giustizia presuppone un minimo d’ordine, la libertà un minimo di anarchia e disordine. Il giusto equilibrio di questi contraddittori componenti ha determinato la fortuna o meno delle varie nazioni, privilegiando quelle che hanno manipolato gli ingredienti con estrema cautela, consci della rischiosità di tale insolito miscuglio. La storia ha dimostrato che un minimo di disordine è necessario per evitare le catastrofi.
Ho volutamente inserito le riflessioni precedenti poiché l’importanza del tema è tale che, come asserisce G. Casati, la teoria relativa allo studio dei sistemi disordinati “[…]rappresenta la terza grande rivoluzione scientifica di questo secolo, dopo la relatività e la meccanica quantistica. […]anzitutto abbiamo imparato una lezione molto importante: le leggi semplici non portano necessariamente a comportamenti semplici. Sarebbe alquanto vantaggioso se questo concetto fosse tenuto presente non solo nelle discipline scientifiche, ma anche nella vita politica ed economica.”
L’antagonismo logico fra le nozioni di ordine e disordine ha dato vita a diversi atteggiamenti filosofico-culturali riassumibili nei tre schieramenti seguenti:
– order from order (ordine dall’ordine) -stabilisce che l’ordine naturale delle cose scaturisce da ferree leggi di natura;
– order from disorder (ordine dal disordine) -stabilisce che l’ordine statistico a livello delle popolazioni si produce a partire dai fenomeni disordinati ed aleatori al livello degli individui;
– order from noise (ordine dal caso) – stabilisce che da fenomeni di turbolenza disordinata possono nascere fenomeni ordinati od organizzati.[9]
Il primo è il principio classico che ha dominato la storia fino al nostro secolo e sembra rappresentare tuttora il principio ispiratore di quasi tutte le funzioni sociali in ambito operativo. L’impianto burocratico tradizionale ne rappresenta l’espressione funzionale di massimo riferimento, malgrado sia dimostrata la sua inefficienza ed inefficacia soprattutto in sistemi particolarmente dinamici come le società attuali.
L’impostazione in senso burocratico non valuta assolutamente la variabile dinamica procurando un enorme spreco di energie sociali altrimenti destinate alla produzione evolutiva.
Lo stesso concetto di tutela e controllo sociale andrebbe risolto mediante strumenti più rapidi e meno mortificanti rispetto agli elementi liberi della struttura sociale e non dovrebbero annullare le individualità a favore di entità intermedie coagulate a livello associativo e formalizzate su livelli gerarchici di tipo burocratico.[10]
Il principio burocratico è un principio a discesa che presuppone un vertice legiferante il quale distribuisce a pioggia sull’intero territorio sociale gli effetti della regola, indipendentemente dalle capacità interattive del contesto cui è applicato “l’algoritmo funzionale”.
Considerato che i sistemi sociali hanno grado di complessità molto elevato rispetto alle strutture meccaniche, dovremmo essere più che convinti di una scomposizione in senso antigerarchico e trasversale degli organismi sociali e territoriali.
Il secondo principio, detto anche principio statistico, trae origine dalla formulazione in termini probabilistici delle leggi della termodinamica di inizio secolo.
Tali leggi dichiarano che la materia non ha alcuna intenzione di passare da uno stato più caldo ad uno più freddo in virtù di qualche legge sovrannaturale, ma questo succede semplicemente perchè è molto più probabile che avvenga in questo modo anziché in altro.
Le implicazioni filosofiche al riguardo sono state e sono tuttora terribilmente importanti perchè tolgono alla natura l’arbitrarietà delle sue leggi.
Ciò che prima era definita legge di natura ora è ridotta a semplice evento probabilistico: è così ma potrebbe essere anche diversamente!
Il calore, movimento caotico e turbolento a livello atomico, si manifesta a livello sensibile come regola statistica i cui effetti reali sono analizzabili all’interno della logica razionale.
Questo comportamento fisico ha ispirato il principio per cui gli stati di ordine statistico possono essere conseguenze di uno stato disordinato a livello elementare.
Tale modo di intendere la realtà è molto prossimo al terzo principio che abbiamo individuato e che approfondisce il nesso che produce l’organizzazione degli elementi in relazione ai concetti di ordine e disordine.
Il terzo principio risulta il più attuale a livello scientifico. La scoperta più importante nell’ambito dei sistemi complessi, infatti, riguarda il caos ed il suo strano comportamento. Sentite cosa dice il fisico Ilya Prigogine: “[…]basta sottoporre un gas o un liquido a un gradiente in dipendenza di vincoli esterni per assistere alla scomparsa del caos molecolare e all’apparizione di stati coerenti in cui un numero immenso di unità si trova ad interagire e a costruire degli stati collettivi. Altrove ho trattato a lungo dell’esempio dell’instabilità di Bnard, in cui si scalda un liquido dal di sotto, ed ho potuto mostrare le magnifiche correnti e le grandi celle di convenzione che si producono in seguito al non equilibrio. Il non equilibrio trasforma completamente le proprietà della materia: a causa del non equilibrio le particelle diventano “sensibili” ad altre molecole che si trovano a distanze macroscopiche. Mi piace dire, in certo qual modo, che nello stato di equilibrio la materia è cieca e che essa comincia a vedere nello stato di non equilibrio….Penso che il risultato più inaspettato provenga dal ruolo costruttivo del non equilibrio.[11]
Il ruolo costruttivo del non equilibrio è da intendersi come condizione essenziale di ogni forma organizzata in senso evolutivo; così la vita stessa non sarebbe possibile in un mondo in perfetto equilibrio, organizzato secondo regole inderogabili. Il caos, quindi, produce forme organizzate. Anzi, nessuna forma organizzata sarebbe possibile senza la presenza di una forma di turbolenza non lineare. Lo studio matematico dei sistemi non lineari[12] dimostra come in effetti sia molto difficile ottenere funzioni che mantengano per lungo tempo turbolenza e carattere di instabilità. Sovente ci si trova in presenza di punti o aree di regolarità chiamati attrattori.
Quando questi sono particolarmente complessi prendono il nome di attrattori strani e sono alla base dei frattali[13], la scoperta più bella ed interessante della moderna geometria.
Le forme complesse più belle della natura o dell’uomo sono derivazioni di sistemi anarchici e caotici attratti, ognuno attraverso la propria libertà di movimento, verso un auto-progetto auto-organizzato multifunzionale.
Nessun progetto predefinito potrebbe dar luogo a situazioni spaziali complesse come una catena montuosa o una città come Venezia.
Nell’un caso come nell’altro, un vincolo fisico potente – l’assetto geologico nel primo caso e la presenza lagunare nel secondo- ha agito da attrattore per le interazioni millenarie dovute alle situazioni climatiche o alla presenza umana.
L’auto-organizzazione sembra quindi essere la nuova sfida progettuale capace di connettere intellettualmente gli uomini con il loro territorio. La banale ricerca della semplificazione concettuale porta inevitabilmente allo stato di equilibrio mediante l’omologazione dei comportamenti che, contrariamente a quanto si riteneva, non rappresenta la forma migliore di organizzazione sociale ma, contraddittoriamente, la sua morte per stasi.
Il progetto va quindi posto in termini di ricerca degli attrattori i quali, permettendo la massima libertà d’azione degli individui -e maggiore è la libertà più alto è il numero d’interazioni possibili e quindi maggiore è la velocità di convenzione- danno luogo a risultati complessi e dinamicamente compatibili con il contesto che li accoglie. Il classico principio “unità nella diversità o diversità nell’unità” è oggi immaginabile da un punto di vista realistico e non utopico, a condizione di saper valutare con precisione e tempestività i vincoli attrattori che rappresentano in forma di rilievo statistico il concetto di giustizia sociale indispensabile alla civile convivenza, riducendo il tributo in termini di repressione analitica delle libertà individuali e del loro potenziale d’instabilità costruttiva.


Note:

[1] “Se si potesse definire la complessità in maniera chiara, ne verrebbe evidente che il termine non sarebbe più complesso.” (E. Morin)
[2] Per un approfondimento tecnico-scientifico sull’argomento vedi “La sfida della complessità” – Feltrinelli – a cura di G. Bocchi e M. Ceruti.
[3] Il paradosso di Niels Bohr: “Le interazioni che tengono in vita l’organismo di un cane sono interazioni che non possono essere studiate in vivo. Se si volesse studiarle correttamente, bisognerebbe uccidere il cane.”
[4] Il principio ologrammatico è quello che possiedono gli organismi biologici per cui ogni cellula, anche la più insignificante, possiede in sè il codice genetico di tutto il corpo. Quindi, per conoscere una parte occorre conoscere il tutto e per conoscere il tutto occorre conoscere le sue parti.Ciò esclude sia il principio riduzionista, che vuole conoscere il tutto attraverso lo studio di una sua parte, che il principio olistico che ignora le parti per comprendere il tutto.Secondo il principio ologrammatico ogni evento interagisce con l’universo modificandone l’evoluzione.
[5] Introdurre la variabile tempo -nel suo significato tradizionale- nei sistemi complessi è sempre molto rischioso. In meteorologia è ormai assunto come dato acquisito che piccole variazioni iniziali possono produrre cambiamenti importantia lungo termine, sotto l’influenza di interazioni caotiche, incalcolabili con precisione razionale. E’ noto il paradosso di Lorenz per cui il battito di una farfalla in Asia potrebbe provocare un uragano nel Texas.
[6] Kurt Goedel, matematico viennese, nel 1931 stampa una memoria sulle “proposizioni formalmente indecidibili dei Principia mathematica e sistemi affini” dimostrando l’incoerenza di una vasta classe di categorie formali nonchè l’impossibilità di provare la loro coerenza all’interno delle stesse.Per un approfondimento in merito:”La prova di Goedel”-Boringhieri, di E. Nagel e J.R. Newman.
[7] “In un mondo causale, i principi logici non concernono più la verità, ma l’azione: con 3$ compro un pacchetto di Camels, con 3$ compro un pacchetto di Malboro, ma non tutti e due. In altre parole, il principio A=A&A della logica classica è dinamicamente falso (fare A non è la stessa cosa che fare A e fare A)”(J.I. Girard)
[8] “Gli uomini tendono a disprezzare ciò che non riescono a comprendere “- (Aristotele)
[9]Le tre formalizzazioni sono dovute a Heinz von Foester nel 1959.
[10] L’argomento della tutela è fortemente connesso con il concetto di giustizia e dovrebbe essere sviluppato con maggior approfondimanto, cosa non possibile nel contesto di questa specifica trattazione. L’accentramento decisionale, data la complessità del sistema, non riesce a governare operativamente le regole che stabilisce poichè, per poter mantenere sotto controllo gli effetti delle proprie manipolazioni legislative, deve ricorrere all’utilizzo di parecchi vincoli rendendo la struttura particolarmente rigida. Nel linguaggio degli ingegneri strutturalisti, questo tipo di struttura viene detta iperstatica e rappresenta un vero problema costruttivo. Infatti, in tali strutture, non è analiticamente possibile determinare in via previsionale l’entità e la localizzazione degli effetti, con conseguenze gravi in quanto piccole sollecitazioni ad un estremo della struttura possono causare grandi tensioni all’estremità opposta, al limite del cedimento strutturale. Per strutture complesse o particolarmente sollecitate si preferisce procedere ad una scomposizione in organismi più semplici, dimensionando al minimo indispensabile il numero dei vincoli. Piccole rotture o microlesioni interne ad ogni elemento non possono determinare il collasso dell’intero organismo strutturale, cosa che avverrebbe in un macrosistema altamente iperstatico.
[11] L’esplorazione della complessità – (Ilya Prigogine)
[12] I sistemi non lineari sono equazioni matematiche sottoposte a ricorsività dinamica in presenza di elementi aleatori.
[13] Geometrie complesse ottenute con metodi iterativi contenenti una variabile arbitraria. Una scogliera o il profilo di una montagna sono idealmente raffigurabili mediante la geometria frattale. Iterando una semplice funzione formale contenente una variabile (vento o mare) arbitraria e caotica diventa possibile una rappresentazione accettabile della realtà fisica. Una particolarità importante della geometria frattale sta nella non commensurabilità dei suoi elementi. Infatti, non è possibile misurare con precisione, per esempio, la lunghezza delle coste della Sicilia. Le coste marine danno un’ideaabbastanza realistica della geometria frattale.

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