Tra gli anni Sessanta e Settanta dello scorso secolo, arti visive, letteratura, poesia e la nostra architettura creavano un insieme intercomunicante, che insieme complottova per una nuova direzione della società. Peter Eisenman creava opere concettuali e nel nostro paese Franco Purini si ispirava a poeti come Nanni Balestrini. In questi giorni alla Galleria comunale di Arte moderna di Roma si tiene una bella mostra sulla poesia visiva del Gruppo ’70. Ne parla su antiTHeSi il critico letterario Paolo Allegrezza.
Che la letteratura italiana abbia una struttura policentriaca è acquisizione critica consolidata, basti ricordare gli studi di Contini, Dionisotti, Isella. Il dato trova conferma se si guarda alla vicenda delle seconde avanguardie con la proliferazione di gruppi e riviste attive fin dalla fine dei ‘50 in giro per l’Italia. Protagoniste città come Genova (“Ana eccetera” e il “Gruppo studio”), Napoli (da “Documento sud” a “Continuum”), Brescia (“Gruppo internazionale di poesia visiva”), Firenze (“Gruppo ‘70”), Torino (Arrigo Lora Totino e la sua pluridecennale attività nell’ambito della poesia visiva e sonora). A queste realtà si aggiunge un’esperienza tanto unica quanto apparentemente marginale come quella del Mulino di Bazzano (Reggio Emilia), comunità e laboratorio di poesia animata da Adriano Spatola, Corrado Costa, Giulia Niccolai. E come non ricordare che anche uno dei pochi poeti italiani di rilievo internazionale, Giovanni Fontana, da sempre vive e lavora ad Alatri (Frosinone).
La premessa è necessaria la introdurre, “La poesia ti guarda”. Omaggio al Gruppo ‘70 (1963 – 2023), la bella mostra allestita presso la Galleria d’arte moderna comunale di Roma sino al 5 maggio. La sede espositiva a via Crispi ci ha abituato a scelte poco convenzionali con una rara apertura verso esperienze innovative e ubique ai linguaggi. Ricordiamo per esempio l’ampia retrospettiva dedicata alla video arte nel 2022.
Il “Gruppo ‘70” – Eugenio Miccini, Lamberto Pignotti, Lucia Marcucci, Ketty La Rocca, Roberto Malquori, Luciano Ori, Michele Perfetti, gli appartenenti al nucleo iniziale – lavora sull’estrapolazione di materiali pubblicitari e giornalistici, nella maggior parte dei casi di provenienza “bassa” (Stop, Gran Hotel, la pubblicità delle riviste per signora), ricombinandoli entro un contesto che ne rivela una inaspettata forza straniante, ironica, dissacrante. Memori del metodo dada e surrealista, i giovani poetartisti fiorentini sviluppano una loro riflessione sui codici della società di massa (fondamentale il convegno “Arte e tecnologia” che si svolse a Firenze nel ‘64) che fa da controcanto alle magniche sorti progressive dell’Italia del boom. A essere dissacrata è l’immagine accattivante e glamour della donna proposta dalla pubblicità, nonché la sintesi tra modernità e rispetto di una precisa codifica dei ruoli sociali, così come proposta dal nuovo immaginario neo capitalistico; in cui un ruolo centrale spettava alla tecnologia e al suo portato di ingenuo ottimismo.
Così, le opere del “Gruppo ‘70”, appaiono come un vero controcanto all’elogio acritico della società dei consumi proposto dalla pop art americana, con il merito di aver dimostrato quanto il disincanto – sono gli anni di Antonionsi – osi avvalga efficacemente dello sberleffo piuttosto che del tedio (i).
Vi sono delle differenze tra i diversi poetartisti e non si può non notare come alcune opere reggano alla prova del tempo meglio di altre: il lavoro sulla parola decontestualizzata di Ketty La Rocca o il verso nei riguardi degli stereotipi dell’immagine femminile su cui insiste Lucia Marcucci, appaiono oggi più convincenti dei collage e decollage riferiti a eventi politici (il Vietnam) o a fatti di cronaca del tempo. Elemento comune è la mescolanza dei linguaggi e il lavoro sulla dimensione sinestetica che portò molti artisti negli anni seguenti a sperimentare il suono, la fotografia, la performance, il libro-oggetto, in un’ottica di arte totale. Da segnalare il video collettivo realizzato montando scene di baci e di scazzottate in bianco e nero tratte da film del periodo d’oro di Hollywood il cui effetto è una celebrazione della vitalità, all’insegna dell’allegria, uno dei tratti distintivi della poetica del “Gruppo ‘70” degli artisti fiorentini. Una lezione da tenere presente per evitare il rischio della ridondanza – tra denunce dell’antropocentrismo, saperi indigeni, scenari post umani, disatro ambientale – da cui non è immune tanta produzione artistica contemporanea, come ha dimostrato l’ultima biennale veneziana.
Il punto è che l’allegoria in arte e in poesia funziona tanto più è “aperta”, in grado di eludere la domanda di senso dello spettatore; il che suggerisce un legame tra il “Gruppo ‘70” e un artista tutt’altro che estraneo al lavoro sulla parola, in questi giorni in mostra al Macro: Emilio Prini, negli anni emerso come una delle figure tanto centrali quanto appartate dell’arte povera che proprio sullo svuotamento e sull’utilizzo dei materiali più eterogenei, lavorava.
Ma come guardare al “Gruppo ‘70” oggi? Considerarlo espressione di una stagione ormai esaurita e quindi da storicizzare oppure come esperienza ancora vitale, in grado di parlare criticamente oggi ? La seconda possibilità, naturalmente, crediamo sia plausibile a patto che si consideri l’avanguardia come permanente, come una sorta di possibilità sempre aperta che di volta in volta si presenta come “stato” e sceglie la lezione di alcuni gruppi che l’hanno preceduta. Scegliendo dal passato per rilanciare nel futuro come voleva Walter Benjamin nell’Angelsu Novus. Se si guarda alla produzione più viva che, tanto in arte quanto in poesia (soprattutto al femminile), si muovono oggi nelle pieghe della rete. L’avanguardia è viva, basta asentire la necessità di andarla a cercare.
“La poesia ti guarda”. Omaggio al Gruppo ‘70 (1963 – 2023), Galleria d’arte moderna comunale. Il catalogo della mostra è pubblicato da De Luca editori d’arte, e. 24,00. Link