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Santa Barbara Futurista: una miscela esplosiva

La storia di Barbara (Olga Biglieri Scurto), bellissima e spericolata, ha attraversato il futurismo italiano velocissimamente, ma lasciando una scia importante e ancora visibile. Nasce a Mortara nel 1915 da una famiglia benestante e Olga già da giovanissima è agitata da due grandissime passioni: la pittura ed il volo. La combinazione di questi due ingredienti può far presagire l’arrtivo di una miscela infiammabile e futurista!
A Novara dove si trasferisce con la famiglia, Olga a soli sedici anni ed in segreto, mentre prende lezioni di private di pittura, si iscrive all’Aeroclub di Cameri, dove nel 1933 prende un primo brevetto di volo, a cui farà presto seguito un secondo brevetto per il volo a motore. Lei tuttavia predilige il volo a vela, ed è sufficiente leggere le sue parole per capire quanto grande fosse l’incoscienza e sottile la linea tra passione e tragedia, tra abilità e caso:

“Significava avere un coraggio da suicidio. Non c’è carlinga e il seggiolino al quale sei legata è attaccato alle ali. Non ti metti niente in testa tanto se cadi ti ammazzi comunque. In mezzo alle gambe hai la cloche e dietro, in fondo, come timone c’è un pezzo di legno da muovere quando si vuole girare: ma bisogna fare attenzione perché se il movimento è troppo forte sei già morta; si deve calcolare a millimetri, sentendo l’aria”. (Gatti,Resh 2018 p. 178)

Ma il caso vuole bene ad Olga e nei primi anni Trenta aderisce al gruppo futurista di Verona e assume anche legalmente il nome d’arte di Barbara, forse in omaggio alla più futurista delle Sante, che si invoca per la protezione da tuoni, fulmini, esplosioni e morti improvvise, non a caso patrona degli artificieri.
Il gruppo è molto attivo nell’organizzazione di serate futuriste nell’area veronese ed è al suo interno che conoscerà il poeta Ignazio Scruto, suo futuro marito. Ma i quadri meravigliosi di Barbara sono, al di fuori della sua ristretta cerchia futurista di provincia, per i più sconosciuti.
Lei “aerofuturista “ ci è nata non lo è diventata, e la sua diretta, rischiosissima esperienza con il volo le ha dato strumenti molto più potenti dei soli pennelli, strumenti ancora del tutto ignoti alla stragrande maggioranza, non solo, della gente comune o dei futuristi stessi ma persino, tra di loro, a quelli che operano nell’aeropittura, il cui manifesto è datato 1929.
È proprio sperimentando il volo infatti che Barbara riesce a fare quel salto di paradigma che le consente di riportare su tela le prospettive dinamiche e distrote dalla velocità di un punto di vista elevato e ancora cosi nuovo.
Come lei solo Tullio Crali sfruttando non a caso lo stesso “strumento” era riuscito ad avere risultati cosi brillanti in aeropittura, che per molti futuristi si traduceva ancora solo semplicemente nel ritrarre soggetti aeroplanici.
Ma fondamentale in questa storia non è la sua sola bravura, ma anche a parità di merito il “caso” che, sempre dalla parte di Barbara, ha fatto si che il corniciaio di sua fiducia avesse il laboratorio a Brera, e che questo laboratorio fortunatamente avesse anche una bella vetrina. È il 1938 ed il quadro che lei ha portato a far incorniciare è intitolato: Vomito dall’aereo, ed è li visibile in vetrina in attesa che l’artigiano inizi il suo lavoro.

Vomito dall’aereo, 1938, olio su cartone intelaiato, 40 x 59,5 cm

“Il tempo e lo spazio morirono ieri” scrive Marinetti nel 1909 nel suo incendiario manifesto del futurismo, non sappiamo se Marinetti conoscesse gia la teoria della relatività che Einstein pubblica solo quattro anni prima, di certo in pochi l’avevano letta e ancora meno l’avevano capita.
Di sicuro però il genio, provvisto di antenne molto lunghe e sensibili, l’aveva già intuita a pieno.
E se il tempo in fisica non esiste e dipende solo edalla posizione dell’osservatore, nella storia di Barbara il tempismo ed il punto di vista sono “tutto”. Il caso e la fortuna vuole che un giorno in cui il quadro è visibile nella vetrina del corniciaio di Brera passeggi proprio il fondatore del futurismo. Le antenne di Marinetti – lo abbiamo detto – sono lunghe e sensibilissime: gli deve essere bastato un attimo perché la sua attenzione fosse catturata dal quadro di Barbara. Stiamo parlando dell’uomo soprannominato dai giornali internazionali “caffeina d’Europa” proprio per l’entusiasmo instancabile ed esplosivo che lo contraddistingue e non è difficile immaginarlo mentre si precipita eccitatissimo dentro il negozio. Interroga il corniciaio, vuole sapere chi è questo pittore straordinario che riesce a comunicare così tanto del volo in una superficie di 40 x 59,5 cm, e chissà lo stupore nel sapere che si tratti di una pittrice.
Estorce il numero di telefono e, purtroppo, non possiamo apprezzare e nemmeno immaginare l’espressione di Barbara che, poco dopo, alzando la cornetta del suo apparecchio telefonico sente la voce inconfondibile, metallica ed entusiasta di Filippo Tommaso Marinetti che le annuncia che in quello stesso anno lei esporrà alla Biennale di Venezia. Parteciperà con il quadro: L’aeroporto abbarca l’aeroplano.

 L’aeroporto abbarca l’aeroplano, 1938, olio su tela, 78 x 118 cm

Solo gli eventi bellici, che in quegli anni già si preannunciano inquietanti, scuoteranno la fede futurista di Barbara per il movimento che più di ogni altro nella storia dell’arte ha cantato e celebrato la guerra: “Sola igiene del mondo”. È infatti la disillusione per una guerra che per l’Italia è sempre piu chiaramente una tragedia ed il dolore aggiunto nel vedere suo marito tornato dal fronte malato e scosso, come tanti molti degli uomini piu sensibili che come lui hanno vissuto la trincea, che la allonta da ogni acritica adesione bellica. Difficile non pensare all’architetto Terragni che dall’esperienza sul fronte non si riprenderà mai. È con questo sconforto che Barbara dipinge il suo ultimo quadro: Battaglia aerea, siamo nel 1942.

Battaglia aerea, 1942, olio su tavola, 152 x 70 cm

È un quadro bellissimo e significativo del suo stato d’animo, che come l’aereo ritratto, sta precipitando, abbattuto, per tutta la lunghezza del quadro dinamicamente verticalizzato da un altezza di un metrio e mezzo. Barbara morira a Roma nel 2002, e nel 2000 sarò addirittura candidata al Nobel per la pace. Il 2001 vedrà una sua esaustiva mostra antologica al Tempio di Adriano a Roma.

Barbara però non è l’unica donna futurista, la lista è lunga ed interessantissima e va dalla stessa moglie di Marinetti, Benedetta Cappa, alle due straordinarie figlie di Balla: Elica e Luce. Ma include altre artiste: Carla Badiali, Adriana Bisi Fabbri, Brunas, Regina Cassolo Bracchi, Cordelia Cattaneo, Leandra Angelucci Cominazzini, Tina, Magda Falchetto Korompay, Alma Fidora, Alba Giuppone, Adele Gloria, Bice Lazzari, Marisa Mori, Carla Prina, Fides Stagni Testi Pensabene, Gigia Zamparo Corona, Ruzena Zatkova per nominare solo le pittrici, alcune pco note.Tutte loro sono state ricordate ed esposte in una mostra magnifica che si tenne, un poco in sordina al Museo MAN di Nuoro nel 2018: “L’Elica e la Luce”, curata da Chiara Gatti e Raffaella Resh. E completata da un bellissimo catalogo, qui in bibliografia, da cui ho scoperto la storia affascinante di Barbara.

Una lettura convenzionale del movimento futurista potrebbe far pensare a una corrente maschilista e machista, colpevoli non solo le pose da super uomo di Marinetti, ma ancora di più il famoso passo del manifesto del 1909 che al punto 9 declama:

“Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.”

A noi contemporanei leggere questa frase fa quasi orrore perché evidentemente abbiamo perso le chiavi di lettura per decodificarla. Marinetti infatti non sta parlando della donna in senso generale, ma si riferisce a tutta una letteratura passatista e a uno stereotipo sentimentalista della femminilità, che vuole la donna debole e in attesa del suo uomo, quella si, soggiogata alla visione maschilista del tempo. Marinetti così come combatte per un’arte nuova vuole una donna nuova: la donna futurista! Marinetti “disprezzando la donna” sta contrastando la figura di una donna sottomessa. Basterebbe ricordare i suoi legami e la sua ammirazione per le donne suffraggiette inglesi dalle quali farà la sua prima conferenza londinese e con le quali verrà anche coinvolto in seguito insieme a Boccioni in una manifestazione conclusasi con i manganelli della polizia inglese che, bisogna riconoscere, contro le teste etemprate dalle famose scazzottate futuriste potevano ben poco. (Le scorribande di Marinetti a Londra meriterebbero un racconto a parte per quanto scossero la formalissima City). Ma a chiudere la questione una volta per tutte ci pensò un altra futurista, la francese Valentine de Saint-Point, e lo fece con parole la cui trasgressività è seconda solo a quella del Marchese De Sade. Il suo Manifesto della Donna futurista è del 1912 e già l’anno seguente pubblica anche lo scandalosissimo Manifesto futurista della Lussuria, incendiando qualunque dibattito sul ruolo delle donne in Europa.

“L’ Umanità è mediocre. La maggioranza delle donne non è superiore né inferiore alla maggioranza degli uomini. Esse sono uguali. Tutte e due meritano lo stesso disprezzo.”

Barbara, immagine da Wikipedia

Queste sono solo le prime due righe del manifesto. Che prosegue inneggiando alle Erinni, alle Amazzoni a Giovanna d’Arco ed ancora:

“Che le prossime guerre suscitino delle eroine simili a quella magnifica Caterina Sforza che, m entre sosteneva l’assedio della sua città, vedendo dall’alto delle mura il nemico minacciare la vita di suo figlio per obbligarla ad arrendersi, mostrando eroicamente il proprio sesso, gridò: «Ammazzatelo pure! Mi rimane lo stampo per farne degli altri! »

e poi dal Manifesto futurista della Lussuria:

“Distruggiamo i sinistri stracci romantici, margherite sfogliate, duetti sotto la luna, tenerezze pesanti, falsi pudori ipocriti. Che gli esseri, avvicinati da un’attrazione fisica, invece di parlare esclusivamente della fragilità dei loro cuori, osino esprimere i loro desideri, le preferenze dei loro corpi, e presentire le possibilità di gioia o di delusione della loro futura unione carnale. (…) Bisogna fare della lussuria ciò che un essere raffinato e intelligente fa di se stesso e della propria vita; bisogna fare della lussuria un’opera d’arte”.

Bibliografia minima
F. T. Marinetti, Manifesto del Futurismo, 1909
Valentine de Saint-Point, Manifesto della Donna futurista, 1912
Valentine de Saint-Point, Manifesto futurista della Lussuria, 1913
Giordano Bruno Guerri, Filippo Tommaso Marinetti, Mondadori, 2009
Chiara Gatti, Raffaella Resch, L’Elica e la Luce, le futuriste 1912-1944, Officina Libraria, 2018

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