Dopo Frey, Hempel, Sedlmayr, Zevi, anche Paolo Portoghesi ha contribuito alla fortuna critica e all’importanza che Borromini ha assunto nel corso del XX secolo.
Nel volume “Borromini nella cultura europea”, lo storico romano evidenziò la fecondità dell’opera di Borromini, sino a sottolineare come “…contro le sue stesse intenzioni di allargamento dell’ortodossia classica, la polemica borrominiana finisce per mettere in crisi le basi stesse delle convenzioni linguistiche restaurate nel Rinascimento”.
Con “Roma Barocca”, Portoghesi si spinse a contestualizzare Borromini alla sua epoca, evidenziandone ancora di più la travolgente capacità di “trasformare l’architettura in innovazione spaziale, che si rapporta criticamente con la tradizione”.
Per tali meriti, era assolutamente giusto che Portoghesi fosse inserito tra i membri di giuria del Premio Borromini.
Le cronache degli ultimi giorni ci parlano di un Portoghesi contrariato dall’assegnazione del premio a Jean Nouvel : ” Non potevo avallare la scelta della giuria di premiare architetti che, al di là della loro statura intellettuale, rappresentano l’esatto opposto di quanto Borromini ha cercato di esprimere con la sua opera”.
Imre Makovecz era tra i preferiti da Portoghesi. Architetto ungherese, in cui Portoghesi rintraccia influenze di Wright e Steiner.
Makovecz non è nome noto al grande pubblico. Ma ciò conta pochissimo, quasi nulla. La qualità dell’architettura non è direttamente proporzionale alla notorietà dell’architetto.
La giuria ha scelto Jean Nouvel, vincitore su Eisenman e Ito. Pluralità della possibilità di scelta: ottimo.
Un podio d’assoluta qualità che sottolinea la validità della ricerca diversificata che l’architettura sta vivendo.
E’ migliore Nouvel? È più bravo e poetico Ito? È Eisenman il vero studioso della contemporaneità? Chi di loro si avvicina di più a Borromini? Domande inutili, da bandire.
Ripetiamo: non ha senso alcuno stilare classifiche meritorie; ciò che conta è potere verificare che vi è molta carne al fuoco, di gusto e provenienza diversa.
Il Premio Borromini è uno dei pochi in cui la giuria è stata formata da personalità molto differenti tra loro:
Campos Venuti, Z.Hadid, R.Rogers, J.Baudrillard , J.L. Choen, P.Portoghesi.
Eterogeneità della giuria che – quantomeno sulla carta- è garanzia di dibattito proficuo. Di contro, è risaputo che Portoghesi non ami particolarmente la Hadid e Rogers, tanto da escluderli dall’elenco dei più grandi architetti del ‘900, stilato nel suo libro della Newton & Compton “I grandi architetti del ‘900”.
Si ha troppo rispetto dell’intelligenza di Portoghesi per sospettare che la sua protesta sia stata influenzata da personali “antipatie architettoniche”. Condivisibili o meno che siano, le motivazioni della vittoria data a Nouvel importano poco, soprattutto rispetto al fatto che la giuria -conscia della singolarità dei personaggi, dei loro studi , delle differenze- ha dibattuto su Ito, Eisenman e Nouvel, legittimando la vivacità della ricerca contemporanea. I premi lasciano il tempo che trovano, dunque che lo abbia vinto Nouvel poco importa; se lo avesse vinto Moneo, ci sarebbero state altrettante polemiche, ma fini a se stesse quanto lo è quella innescata da Portoghesi – con sue conseguenti dimissioni dalla giuria- che dichiara : “Abbiamo subito la spocchia degli stranieri”. Uscita fuori luogo, dettata dalla pretesa di Portoghesi che andassero premiati esclusivamente progettisti che si rifanno a Borromini. Se così doveva essere, avrebbe dovuto – senza alcun dubbio- vincere Gehry, ma anche in questo caso Portoghesi non sarebbe stato d’accordo.
Sappiamo bene cosa ne pensi di Gehry, soprattutto se comparato al suo preferito Makovecz : ” Di fronte alle esplosioni dilanianti e ai mostri dell’ultimo Gehry, che non sembrano promettere se non conflitti e distruzioni e naufragano nell’edonismo masochista, le casse toraciche di Makovecz richiamano il ventre della balena da cui Giona fu rigettato verso la resurrezione”. ( tratto da “I grandi architetti del ‘900” – pag.567)
Ciascuno di noi “premia” l’architetto che vuole, quello in cui riconosce punti in comune con il proprio pensiero.
I premi in architettura sono riconoscimenti all’opera di un uomo che, a prescindere dall’ essere d’accordo con ciò che dice, ha qualcosa d’importante da dire. Ciò vale – ad esempio- sia per Aldo Rossi sia per Gehry, entrambi vincitori del Pritzker prize.
Louis Kahn non ha avuto la possibilità di essere tra i vincitori del Pritzker – istituito nel 1979- ma la sua impronta sui cambiamenti fondamentali del linguaggio moderno vale molto più di dieci pritzker , ed è altrettanto fondamentale di quella di Rossi, Gehry, Meier, Venturi etc.
Quasi in contemporanea con il Premio Borromini, il gruppo Gabetti & Isola ha vinto il primo premio per il recupero di Piazza Duomo e Piazza Orsini, a Benevento. Scorrendo l’elenco dei progettisti invitati dall’Amministrazione comunale di Benevento, salta all’occhio la precisa scelta orientata su professionisti appartenenti alla stessa sfera di pensiero: O.M.Ungers, P.Portoghesi, Gabetti & Isola, I. Makovecz, M.Greaves.
Suona quasi ironico il comunicato dell’Assessore all’Urbanistica di Benevento, Arch. Giuseppe Iadicicco, in cui si parla del cuore delle piazze beneventane come area nodale identificata dal gruppo di progettazione del piano particolareggiato, gruppo ” guidato dal compianto Prof.Arch.Bruno Zevi”.
Caro Prof. Portoghesi, non s’indigni per un premio intitolato a Borromini e vinto da Nouvel: pensi quanto si sarebbe indignato Zevi se avesse potuto leggere il nome degli architetti invitati a progettare a Benevento.
(Paolo G.L. Ferrara – 16/3/2001)
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