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Storia e Critica

La New Age del’architettura organica

Frank Lloyd Wright è scomparso nel 1959, dopo quasi un secolo di vita; oggi, a quaranta anni di distanza durante i quali molto si è discusso sulla sua eredità ma non sempre con il giusto orientamento, la cultura “New age” può offrire l’occasione per riproporre con dirompenza le tematiche progettuali dell’architetto americano.
Parlare del genio wrightiano è cosa assolutamente difficile perché la sua poetica architettonica è percettibile esclusivamente tramite un approccio sensoriale delle opere, quindi solo esclusivamente vivendole se è vero che ogni progetto di Wright nasceva basandosi in prima istanza sull’uomo e sul suo essere integrato con il luogo di vita. E cosa conta nell’uomo più dell’aspetto psicologico? ed ancora, l’architettura assolve al suo compito esclusivamente da un punto di vista funzionale oppure l’aspetto fondamentale è quanto essa sia parte della nostra vita? può bastare che le nostre case siano costruite con materiali ecologici, che siano orientate secondo precise regole, che gli impianti elettrici siano studiati per non intaccare fisicamente il nostro organismo? Certo, da un punto di vista squisitamente salutare, è assolutamente necessario costruire usando materiali non nocivi e non solo per le nostre abitazioni; altrettanto giusto è concepire progettualmente luoghi di vita che con l’ambiente siano in sinergia a tal punto da valorizzarlo: Wright ha improntato la sua architettura sull’uomo.
Spesso la definizione “architettura organica” viene fraintesa, assimilando ad essa la natura e le sue forme e trascurando il dato più importante cioè architettura quale organo aggiuntivo dell’uomo, creazione di luoghi quasi cuciti addosso all’individuo e rapportantisi con l’intorno secondo una dialettica finalizzata a legarli .
Oggi più che mai l’architettura di Wright si pone quale punto di riferimento per la progettazione di luoghi in cui l’uomo possa ritrovare l’habitat migliore, liberato dalle gabbie scatolari in cui è stato costretto a vivere : inutile fare discorsi triti e ritriti sulle cause della speculazione edilizia, così come è inutile continuare sterilmente a dibattere sullo squallore delle nostre città fatte di casermoni alveolari assolutamente inespressivi, dove sono inscatolate milioni di persone a cui mancano il verde dei parchi ed i servizi primari. Qualsivoglia criterio di giudizio dovrebbe fare i conti con un passato non troppo remoto ma frettolosamente archiviato dalla maggior parte dei critici stessi, coloro i quali decretano l’attitudine o meno di un linguaggio architettonico ad essere consono alla contemporaneità.
Ed oggi, l’enorme portata che potrebbe avere il concetto di Bioarchitettura rischia di essere ridotto esclusivamente a significare l’uso di materiali che, per le loro caratteristiche, non influiscano negativamente sulla salute fisica di tutti noi; il rischio è grande poiché i significati di una buona architettura non possono prescindere dallo scandagliare i significati spaziali della stessa. Il messaggio ci è stato dato sessanta anni fa da Frank Ll. Wright : “…Io vi porto una nuova Dichiarazione d’Indipendenza ….Architettura Organica vuol dire nè più nè meno, società organica. Gli ideali organici rifiutano le regole imposte dall’estetismo epidermico o dal mero buon gusto, e la gente cui apparterrà questa architettura ricuserà le imposizioni che sono in disaccordo con la natura e con il carattere dell’uomo…Troppe volte nel passato la bellezza ha contrastato il buon senso…Nell’era moderna l’arte, la scienza e la religione s’incontreranno, sino ad identificarsi: tale unità sarà conseguita mediante un processo in cui l’architettura organica eserciterà un ruolo centrale”.
Potrebbe bastare questo messaggio di Wright del 1939 per farci comprendere i significati dell’architettura organica ma s’impone il dovere di analizzare il perché delle potenzialità enormi che essa ha in nuce per potere progettare luoghi di vita che abbiano requisiti di salubrità non solo fisica ma anche psicologica. Questo perché penso che, pur progettato con tutti i criteri bioecologici possibili, un casermone resterebbe sempre tale, trascurando l’aspetto fondamentale nel rapporto che l’architettura deve instaurare con l’uomo, cioè quello psicologico, aspetto soddisfatto solo nel caso in cui un luogo di vita venga progettato secondo le funzioni dell’uomo stesso, intese non in termini di metratura ma di espletamento del modus vivendi dell’uomo stesso: luogo di vita quale ulteriore organo dell’uomo stesso.
Ma che significa “architettura organica”? Sgombriamo subito il campo da facili equivoci riguardanti l’attributo ‘organica’ dicendo che non si tratta di una architettura che dipende dalle forme della natura, inverando le quali si renderebbe esplicito il concetto romantico di un ritorno alla natura. Bruno Zevi, il massimo studioso di F.Ll.Wright è esplicito soprattutto riguardo l’equivoco biologico: “… Da Vasari, secondo il quale l’architettura deve apparire organica come un corpo vivente, e da Michelangiolo che giudicava impossibile comprendere l’architettura senza conoscere a fondo l’anatomia, fino a Geoffrey Scott e Arnold Whittick, una folta schiera di artisti e di storici ha basato un ambiguo sistema di critica estetica su metafore….Si tratta dell’applicazione di teorie fisio-psicologiche, in particolare dell’Einfuhlung….Se gli architetti organici, diversamente da quelli accademici ed anche dai razionalisti, s’impegnano nello studio della vita umana, ciò non dipende dal desiderio di riprodurre negli edifici l’eco di sensazioni fisiche o psichiche….Il dinamismo organico rispecchia e promuove i reali comportamenti dell’uomo, punta sui contenuti e sulle funzioni” e quindi il compito dell’architettura organica è “…di far discendere la configurazione dell’edificio dall’insieme delle attività che vi si svolgono, ricercando negli spazi vissuti la felicità materiale, spirituale e psicologica degli utenti, ed estendendo tale esigenza dal campo privato a quello pubblico, dalla casa alla città ed a territorio. Organico è quindi un attributo che si fonda su una idea sociale, non su di una intenzionalità figurativa; in altre parole, si riferisce ad una architettura tesa ad essere, prima che umanistica, umana”.
Altro equivoco necessariamente da dissipare è che l’Architettura moderna sia inverata esclusivamente dalla corrente Funzional-razionalista, identificata dai più con il purismo di Le Corbusier che diede vita a forme stereometriche rigide e da cui è scaturito (falsandone, più che fraintendendone, i concetti tematici) il filone della standardizzazione delle costruzioni . L’architettura organica è parte integrante del Movimento Moderno ( e con lei, il neoplasticismo e l’espressionismo) e, forse, la più consona a soddisfare e preservare l’uomo, ad essere parte integrante della sua vita. A questo proposito è bene cercare di comprendere dalle stesse parole di Wright, pronunciate nel 1939, perchè si può affermare che l’architettura organica è assolutamente consona al nostro tempo : “… Voi tutti, nessun architetto escluso, ogni giorno, per un minimo di sette minuti, dovreste riflettere seriamente e profondamente su cosa significa il carattere organico in economia, in politica, in architettura. L’architettura vera, sì signori, è poesia. Un edificio organico è il massimo dei poemi, e la circostanza che debba rispondere ad esigenze reali, essere la realtà, stimolare la vita facendo del quotidiano qualcosa di più degno di essere vissuto, ciò non lo rende meno poetico….Sin dall’inizio ho avuto la certezza che l’architettura proviene dalla terra e che il sito, le condizioni ambientali, la natura dei materiali e lo scopo della costruzione determinano la forma dell’edificio….Per tornare al pensiero centrale dell’architettura organica, fu Lao Tze, mezzo millennio avanti Cristo, il primo che io sappia ad affermare che la realtà di un edificio non risiede nelle quattro pareti e nel tetto, ma nello spazio racchiuso, nello spazio in cui si vive”.
Pur essendo passati decenni, i concetti di Wright calzano a pennello alla nostra contemporaneità ed il suo messaggio non può che essere considerato attuale più che mai per ridare ai nostri luoghi di vita quell’identità umana che il razionalismo accademico con il suo ritorno alla staticità Classica ha loro tolto; si tratta di trovare il giusto valore sinergico che materiali bioecologici e spazio per l’uomo possono avere per restituirci un ambiente di vita non aberrante. Il filone organico non si è mai interrotto nonostante non sia mai esploso totalmente, soprattutto in Europa: Il New Empiricism svedese e l’Associazione per l’architettura organica (APAO) , oltre a molti architetti , hanno avuto il grande merito di non lasciare cadere nel vuoto il messaggio di Wright che, forse per la grandezza della sua portata non poteva avere immediata continuità ( attenti però a non confondere l’architettura organica americana con l’architettura organica europea: la prima nasce consequenzialmente al funzionalismo di Sullivan, la seconda non può prescindere dal funzionalismo europeo).
Se vogliamo riappropriarci del nostro essere nel mondo anche nelle nostre case dobbiamo necessariamente riannodarci alle tematiche architettoniche organiche, progettare ambienti che si formino dal loro interno per poi esplodere, tralasciando così la progettazione formale per lo più scaturente in figure archetipe e geometriche (cubi, coni, cilindri, piramidi): la Casa sulla Cascata, gli insediamenti di Taliesin, il Guggenheim museum ed altre trecento opere di Wright sono a misura d’uomo quanto lo erano le caverne, organiche le une, organiche le altre. Osservare e percorrere lo spazio , capire e integrarsi con lo spazio: solo ciò porta l’uomo ad identificarsi con la propria libertà. L’architettura organica invera tutto questo : “…Solo la fenomenologia hussleriana ci ha insegnato che anche lo spazio è spazio vissuto e sarebbe difficile trovare un esempio della profonda intuizione di Hussler più chiaro, più evidente, più convincente dell’opera di Wright…Il filosofo che cerca di rivivere l’esperienza di fondo dell’opera wrightiana si accorge che per Wright anche lo spazio diventa libertà. Attraverso questa nuova concreta scoperta dello spazio vivente si raggiunge il senso di un rinnovamento della vita umana, collegato alla rivoluzione di un modo di sentire spazialmente “. Il filosofo Enzo Paci ha colto nel segno: adesso spetta a noi architetti, con la giusta dose di capacità autocritica nel riconoscere che mai potremo essere come Wright, riuscire a far fruttare le innumerevoli potenzialità lasciateci in eredità dal maestro americano, ma non facendolo quali eredi bensì quali contemporanei , cioè capire come Wright infrangesse la chiusura dell’involucro racchiudente lo spazio.
La new age dell’architettura organica è già in atto soprattutto attraverso le opere di Frank Owen Gehry e forse è l’ultima occasione per non ritrovarsi a contemplare tra venti anni nuovi edifici, sicuramente costruiti con tutti i criteri bioecologici possibili ma che ricalcheranno la meccanicistica visione dell’abitare che tutt’oggi si ha: un appartamento o una villettina di quattro, cinque, sei o più vani ( a seconda delle possibilità), tutti quali scatole regolari ove potere addossare lungo i muri retti divani e credenze, cercando di dinamizzare lo spazio per mezzo di mobili e librerie per rendere “diversa” la nostra casa . All’opposto vi è la ricerca del continuum tra abitazione e paesaggio, realizzabile solo scarnificando la scatola muraria, integrando tra di loro edificio, città e territorio; ai più potrebbe sembrare assurdo ed inopportuno prendere ad esempio Fallingwater , opera del 1936, ma in essa troviamo concetti assolutamente attuali ( e forse addirittura più avanti del nostro tempo!) : “…Fallingwater è una proiezione del futuro nel mondo d’oggi. Emerge dalla continuità paesistica come un’articolazione di spazi priva di forma, cioè ha bruciato le forme elementari della materia cubica ed ogni residuo classicistico. I suoi invasi non hanno chiusure; non vi sono facciate; non vi è distinzione tra strutture e pesi portati poiché tutte le sue membra entrano nell’orchestrazione statica che s’identifica con quella spaziale. Coincidono per la prima volta nell’umana vicenda, la formazione delle cavità e la composizione delle masse” ; così Zevi legge spazialmente Fallingwater , concordando con Edward Frank che dice. “…In una struttura organica, ogni parte possiede la caratteristica di essere un punto, un piano o una massa per trasmettere tensioni. Un edificio organico non è uno stato ma un processo. Il suo ‘essere’ è costituito dal suo ‘divenire’ “.
Dunque, l’Architettura Organica deve necessariamente essere perseguita e non copiata perché sarebbe operazione assolutamente pretestuosa, tendente a sminuirne i significati profondi che ha in sé; quando a Bruno Zevi fu chiesto cosa fosse questa architettura organica e dove stesse la sua concretezza architettonica, egli rispose : “…E’ un’architettura funzionale rispetto non solo alla tecnica e allo scopo dell’edificio, ma anche alla psicologia dei fruitori. Tutto il resto è commento, va e studia”. Riusciremo noi professionisti a comprendere il senso di queste parole, inverandolo poi nelle nostre opere? Riusciremo a comprendere che l’architettura organica non è uno stile? Riusciremo a non rendere retoriche queste due domande ? Ognuno di noi esprima pure sé stesso ma rendendosi conto che ogni progetto è della società intera e non un fatto personale dell’autore.
Per il resto, è molto più comprensibile osservare le opere di Wright che descriverla.

(Paolo G.L. Ferrara – 20/3/2000)

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Una risposta su “La New Age del’architettura organica”

Rileggo oggi questo saggio di Paolo. L’articolo è utilissimo perchè dipana un progetto critico attraverso preziose citazioni. Il progetto critico dell’articolo è di ispessire di ragioni spaziali, architettoniche e umane quella che si definisce bioarchitettura. Bisogna librarla da banalità formalistiche -ci siamo capiti no? – o mero tecnologiche. Tra le citazioni amo molto quella di Enzo Paci. “anche lo spazio diventa libertà in Wright”. Caspita che espressione geniale. Tutto si tiene.

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