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Alighiero & Boetti: Twin Phenomena ovvero “Raddoppiare Dimezzando”

A trent’anni dalla scomparsa dell’artista italiano. l’Accademia di San Luca offre un’occasione per riflettere sulla centralità della dualità nell’opera di Alighiero Boetti con la mostra Alighiero e Boetti: Raddoppiare Dimezzando, un concetto che trova eco in ambiti diversi, cui vale la pena ricordare almeno le riflessioni e le architetture di Aldo van Eyck. Van Eyck teorizza i Twin Phenomena, un principio secondo il quale l’opposizione e la complementarietà sono forze strutturanti non solo nell’architettura, ma nell’esperienza umana (in biologia, filosofia matematica). Boetti analizza questo concetto nell’arte, sviluppando un pensiero che esplora la moltiplicazione, la simmetria imperfetta e il caso.

Accademia Nazionale di San Luca, Alighiero e Boetti. Raddoppiare dimezzando, a cura di Marco Tirelli, ideazione Marco Tirelli, Caterina Boetti

«Mi interessa il concetto reciproco…cioè il concetto di reciprocità» scrive Aldo van Eyck: uno-molti, soggetto-oggetto, universale-individuale sono alcune coppie di fenomeni opposti, che teorizza come twin-phenomena, nella convinzione che sia necessario pensare all’architettura e alla città come materializzazione di relazioni, formali ed umane, piuttosto che come insieme di fatti architettonici tra loro disgiunti.  Citando Mondrian sostiene: «La cultura delle forme particolari si sta avvicinando alla fine, la cultura delle relazioni determinate è iniziata».

Qualche anno dopo, nel 1968, con la volontà di interpretare la dualità dell’essere, Boetti diviene Alighiero e Boetti, una coppia di twin-phenomena. Il lavoro Gemelli (1968), fotografia manipolata nella quale Boetti si sdoppia tenendosi per mano, è un punto di partenza essenziale per comprendere la sua riflessione sul doppio. Non un’identità speculare, bensì un’alterità intrinseca: “Io sono io, lui è lui”, dichiarava nel 1972, sancendo il distacco tra “Alighiero” e “Boetti” attraverso la congiunzione “e”. Da qui nasce una riflessione poetica sulla moltiplicazione che trova materializzazione nelle sue opere postali, nei lavori sulla classificazione e nelle mappe geografiche.

Il fotomontaggio fotografico, eseguito da Mario Ponsetti, è tirato in 50 esemplari e spedito ad altrettanti amici: quasi un prototipo, un’anticipazione del lavoro postale. E nella foto i due gemelli non sono identici, non una perfetta simmetria: per scattare la foto l’artista apporta alcune piccole modifiche al suo aspetto.

Accademia Nazionale di San Luca, Alighiero e Boetti. Raddoppiare dimezzando, a cura di Marco Tirelli, ideazione Marco Tirelli, Caterina Boetti

L’io boettiano: Io che prendo il sole a Torino il 19 gennaio 1969. L’opera, esposta per la prima volta alla celebre mostra When Attitute Become Form di Harald Szeemann alla Kunsthalle di Berna, nel marzo del 1969, si compone di 111 sfere di cemento a presa rapida, fatte a mano da Boetti, che disegnano a terra la sagoma dell’artista. Erano pensate inizialmente per essere di neve e, quindi, sciogliersi rapidamente: un riferimento al ciclo vitale e alla dissoluzione della materia. L’elemento della farfalla inserito nell’opera sottolinea il tema della trasformazione e del divenire.

Ancora io: Autoritratto (Fontana, 1993) gioca sul dualismo tra il solenne e il ludico: una statua bronzea, realizzata da una fonderia milanese -complice l’amico Arnaldo Pomodoro-, riproduce pedissequamente la figura di Boetti e funge da fontana. Il getto d’acqua vaporizza al contatto con la testa riscaldata da una resistenza elettrica: l’effetto ironico smitizza la tradizione del monumento, evocando il fervore del pensiero creativo.

E poi la moltiplicazione secondo progressioni matematicamente controllate: Storia naturale della moltiplicazione (1974-1975) rappresenta l’espansione di forme nere su carta quadrettata secondo un continuo divenire. L’uso della carta a quadretti impone una struttura, una griglia limitante, che viene progressivamente sopraffatta dal segno dell’artista, riflettendo sulla dualità tra rigore e libertà, tra predeterminazione e sviluppo organico. L’opera è realizzata su 11 fogli di carta. Due volte uno. Un sistema binario come quello del computer, l’ordinateur. Scrive Claudio Strinati sul catalogo della mostra: «Alighiero Boetti è un ordinatore spericolato e insieme razionalissimo di istanze comunicative che sembrerebbero sovrastarci e del resto nell’amato francese il computer, che Alighiero sembrerebbe desiderare e temere al contempo, si chiama ordinateur».

Accademia Nazionale di San Luca, Alighiero e Boetti. Raddoppiare dimezzando, a cura di Marco Tirelli, ideazione Marco Tirelli, Caterina Boetti

A sovrastarci e a parlarci di un’istanza comunicatrice e di una passione classificatrice è, senza alcun dubbio, Oeuvre Postale (1993), che ha le fattezze di un’opera ambientale tanto è la sua estensione: un lavoro monumentale che si compone di undici serie, ciascuna formata da due elementi, buste e fogli A4 ivi contenuti, per un totale di 506 buste affrancate e timbrate e 506 disegni a tecnica mista. Uno sviluppo di 40 metri lineari. Ultimo lavoro postale, dunque il più ambizioso. 

Realizzato per il museo Le Magasin di Grenoble, Oeuvre Postale è un lavoro corale, non solo per l’elevato numero di assistenti che vi hanno preso parte, ma anche per il numero di persone anonime che, senza volerlo, hanno partecipato alla realizzazione dell’opera: tra gli altri postini, addetti alla logistica e allo stoccaggio, corniciai.

Il lavoro inizia il primo gennaio 1993 e termina nell’ottobre dello stesso anno. Ciascuna frazione della serie è inviata da un ufficio postale diverso: 11 tappe lungo i confini della Francia, disegnano una mappa di luoghi. 

Accademia Nazionale di San Luca, Alighiero e Boetti. Raddoppiare dimezzando, a cura di Marco Tirelli, ideazione Marco Tirelli, Caterina Boetti

L’opera si compone di una busta e il relativo foglio A4 contenuto al suo interno. Il numero di buste e fogli aumenta secondo la progressione del quadrato: uno, quatto, nove, sedici, venticinque…fino al centoventuno. I fogli A4 contengono disegni, appunti, macchie d’inchiostro. Ciascuna busta, invece, contiene un numero di francobolli pari al numero della serie: la prima busta è spedita il primo gennaio 1993 da Parigi, dalla posta centrale di Paris Louvre, affrancando la lettera con un solo francobollo, una Marianne blu posta al centro della busta.

Il foglio contenuto nella prima busta è un testo programmatico, scritto con la mano sinistra, sul quale si legge: «Oggi è il ventiquattresimo giorno dell’ultimo mese del millenovecento novantadue. A Roma in via del Teatro Pace inizio questo primo di cinquecento sei Extra strong che saranno il contenuto di altrettante buste e i francobolli di Marianne progressivamente copriranno la superficie. Obliterazione ovvero il progressivo svanire della consuetudine. Dopo l’uno verranno gli altri quadrati quattro nove sedici venticinque trentasei quarantanove sessantaquattro novantuno cento e centoventuno. Da Parigi il primo timbro la prima lettera il primo francobollo».

Poi, l’ultimo foglio dell’undicesima spedizione, il numero più amato, segna la fine del lavoro: «E così siamo arrivati».

Moltiplicazione e riduzione, aleatorietà e controllo: coppie di twin phenomena tra il desiderio di classificare il mondo e la consapevolezza della sua irriducibile complessità. Boetti, come van Eyck, si muove tra diverse polarità, e sempre con un approccio ludico: un equilibrio instabile tra il sé e il suo doppio, tra l’artista e il mondo.

L’allestimento della mostra restituisce con essenzialità questo continuo divenire, lasciando spazio alle opere senza sovraccaricare lo sguardo. L’Accademia di San Luca si manifesta, finalmente, nella sua forma più pura: un contenitore che non impone, ma accoglie, amplificando la potenza delle idee di Boetti e il loro dialogo con il tempo e lo spazio.

Alessandra Gabriele

Sino al 15 marzo. Accademia di San Luca

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