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La Musica strumento in architettura

Un viaggio alla scoperta delle relazioni tra Musica e Architettura, da Pitagora a Björk, dal teatro di Epidauro al Silk Pavillion di Neri Oxman.

Gli albori: Pitagora e l’Armonia delle Sfere

La vita quotidiana delle popolazioni del mondo antico è caratterizzata da una forte presenza del pensiero magico e religioso. “Gli eventi della vita quotidiana non sono l’effetto di cause fisiche o leggi della natura, ma l’espressione di forze occulte […] Spiriti buoni e malefici risiedono nelle piante, nei fiumi, nei temporali. La ‘voce’ che esce da una pietra percossa, dal sibilo del vento o dal fragore del tuono sono il modo con il quale essi si manifestano […] Le circostanze piú importanti e decisive della vita vengono celebrate con cerimonie e riti nei quali sono sempre presenti il canto e la danza: la ‘musica’ è componente fondamentale della vita della comunitá” .( Eugenio Raneri, Storia della musica antica – Dall’antichitá al Settecento” di Edizioni del Faro, 2019) Proprio per le sue caratteristiche astratte, la musica è il linguaggio universale piú adatto per comunicare con le potenze ultraterrene. All’interno dei templi sacerdoti e astrologi elaborano credenze nelle quali figurano divinitá che impersonano gli astri e i cantori apprendono cantilene rituali e inni religiosi: si compiono studi approfonditi di matematica, musica e astronomia in quanto ritenute discipline reciprocamente congiunte. 

Forse è proprio questa eredità all’origine di quella tradizione di pensiero chiamata ‘armonia delle sfere’. “Pitagora é forse il primo a fondere nel suo pensiero l’intero quadrivium delle scienze del pensiero antico, astronomia, geometria, aritmetica e musica: secondo la dottrina pitagorica i numeri costituiscono il principio e l’essenza di tutte le cose. Pitagora intuisce che c’é una certa armonia nell’intero Universo: servendosi di un monocordo (uno strumento a corda unica), egli per primo capisce che l’altezza di una nota é proporzionale alla lunghezza della corda che la produce e che gli intervalli tra le frequenze sonore sono semplici rapporti numerici. L’Universo é quindi armonia e numero” . (Natacha Fabbri, Tratto dal lavoro realizzato dal Laboratorio Multimediale dell’Istituto e Museo di Storia della Scienza Galileo di Firenze,ì 2009 v. rb.gy/aarynb) Teorizza che il Sole, la Luna e i pianeti, per effetto dei loro movimenti di rotazione e rivoluzione, produrrebbero un suono continuo, impercettibile dall’orecchio umano e che tutti insieme produrrebbero l’armonia delle sfere. La qualitá della vita sulla Terra sarebbe influenzata da questi suoni celesti, che agiscono sul microcosmo esterno e su quello interno dell’uomo, contribuendo alla salute dell’anima e del corpo, ristabilendo l’equilibrio tra le passioni e temperando gli umori. 

Forse proprio nel teatro greco è riflessa con particolare efficacia l’armonia delle sfere teorizzata da Pitagora. Questo teatro è famoso per la sua acustica eccezionale e il design perfettamente proporzionato. Le proporzioni del teatro sono attentamente calcolate per creare un senso di armonia visiva e acustica. L’uso di rapporti geometrici, come il rapporto tra il diametro della cavea e la larghezza del palco, riflette l’idea pitagorica che l’Universo sia regolato da leggi matematiche. La progettazione del teatro non solo risponde alle esigenze funzionali di uno spazio per le rappresentazioni teatrali, ma rispecchia anche una visione filosofica in cui l’Architettura è un mezzo per esprimere l’ordine e la bellezza dell’Universo: non serve quindi solo scopi pratici, ma esprime anche profonde verità filosofiche e cosmologiche.


Collage dell’autore a sinsitra una rappresentazione di Robert Fludd (1574-1637) sulle proporzioni armoniche dell’Universo riferite al monocordo usato da Pitagora. a destra, invece, un estratto della pianta del teatro di Epidauro costruito in Grecia nel IV secolo a.C..

Agostino ed i silenzi: l’interferenza del mondo giudaico-cristiano

Durante il Medioevo, la tradizione cristiana scorge nell’ordine armonico delle sfere la possibilitá di compiere un percorso di ascesa. In particolare, con sant’Agostino la musica diventa, per cosi dire, ‘sacra’: c dai numeri si puó arrivare alla Conoscenza. La musica viene percepita prima di tutto nel silenzio della meditazione e solo in secondo luogo la si ascolta negli inni cantati: non si rinnega la reltá corporea del suono e del ritmo, piuttosto si sofferma un salto necessario dalla realtá corporea a quella incorporea. Saremmo in grado di estrapolare il suono, (effimero ed eterno), dalla materia, sulla quale opera invece la caducitá del tempo. Per poter fare ció, è necessario un ascolto interiore, piú vicino al silenzio. Ascoltare musica diventa adesso un’esperienza trascendentale di percezione misterica.  L’antica mistica dei numeri di ascendenza pitagorica si fonde con la mistica cristiana e penetra nell’anima del pensiero occidentale. Questa concezione dell’armonia universale viene ripresa anche da Dante, che la descrive nella sua visione dei cieli: anche lui, come Agostino, sostiene che la musica della sfere non va tanto ascoltata a seguito di una percussione, una vibrazione, un’onda sonora, quanto piuttosto percepita con un atto intellettivo, attraverso il quale l’uomo accede alla comprensione dei rapporti armonici che regolano l ‘Universo. Il mondo giudaico-cristiano occidentale accoglie questa concezione statica ed immutabile dell’Universo, che possiamo quasi definire come un Universo binario nel quale da una parte abbiamo l’uomo e dall’altra potenze ultraterrene esterne all’Universo con le quali, secondo Agostino è possibile comunicare proprio attraverso la musica. I cosiddetti secoli bui getteranno ombre su tutto quel filone di pensiero iniziato da Pitagora per porre invece l’attenzione su componenti più utili al diffondersi della tradizione giudaico-cristiana che invece di accettare e studiare la complessità dell’Universo, propone l’avanzamento di teorie riduzionistiche. Assistiamo ad un processo di razionalizzazione e riduzione della complessitá del cosmo a un qualcosa di piú semplicistico; processo che investe tutti i campi delle scienze, perfino la musica.

Un esempio notevole di architettura che riflette la struttura dell’universo concepita da Dante, è il Castel del Monte in Puglia. Costruito dall’imperatore Federico II di Svevia nel XIII secolo, questo castello è famoso per il suo schema geometrico unico e simmetrico, che incorpora cerchi e ottagoni concentrici. L’ottagono è una forma geometrica ricca di simbolismo: nell’iconografia cristiana, l’ottagono rappresenta la transizione tra il quadrato (terra) e il cerchio (cielo), simboleggiando l’aspirazione umana verso il divino, lo stesso percorso di ascesa teorizzato da Agostino con la sua musica. Questo simbolismo è coerente anche con la visione di Dante, secondo il quale l’Universo è strutturato in cerchi concentrici che rappresentano i vari livelli dell’Inferno, del Purgatorio e del Paradiso.


Collage dell’autore con a sinistra lo schema della Divina commedia e a destra pianta di Castel del Monte in Puglia, costruito dall’imperatore Federico II di Svevia nel XIII secolo.

Bach ed il ritorno dell’Olismo nel pensiero occidentale

Solo verso la fine del Medioevo, l’Universo binario plasmato dal mondo giudaico-cristiano viene messo in discussione. In questo periodo sorgono molte associazioni su modello di quella pitagorica che aggiungono ora al quadrivium del pensiero antico una quinta componente, la Natura: la filosofia sei-settecentesca cerca di conciliare il sapere scientifico acquisito attraverso il calculum e l’ esperimentum con le nuove teorie neoplatoniche, che contemplano la presenza nella Natura di forze occulte, magiche o divine. Assistiamo a tutta una serie di programmi di esplorazione sistematica del cielo varati dagli osservatori astronomici, alla messa a punto di strumenti di osservazione di grande potenza e allo sviluppo della ricerca sulle forze fisiche che governano l’Universo: si afferma una nuova immagine del Cosmo, fondata sull’analogia con l’orologio. Abili costruttori dedicano i propri sforzi a tradurre la nuova immagine dell’Universo galileiano e kepleriano in dispositivi meccanici funzionanti, capaci di emularne struttura e movimenti: é l’avvio dell’Universo-macchina.

In questo nuovo contesto appare un nuovo personaggio che ci riporta alla teoria della musica delle sfere pitagorica: Johan Sebastian Bach. “La cosiddetta ‘ars canonica’ di Bach è incentrata su un abile gioco ‘a nascondino’ dei temi. Egli rispetta il ‘principio della monade’: i canoni sono cioè composizioni complesse la cui struttura è derivata da un unico tema generatore (non possiamo non pensare al monocordo usato da Pitagora poichè l’idea che tutte le cose abbiano la loro radice nell’uno, nell’unitá, ricordiamo, è proprio un’idea pitagorica). Il tema generatore del canone usato da Bach nell’Arte della Fuga è la serie di Fibonacci, la cui caratteristica intrinseca è la ciclicitá: in effetti, il canone usato da Bach è un canone perpetuo, che potrebbe essere eseguito all’infinito. A questa, che è una caratteristica comune a molti canoni, se ne aggiunge un’altra: ad ogni ripresa il canone ricomincia la sua melodia un tono piú sopra. Generalmente, il canone viene eseguito in questo modo e, al raggiungimento dell’ultima ottava, lo si conclude bruscamente. Fin qui nulla di eccezionale, se non fosse che in realtá il canone non prevede conclusioni: terminato il ciclo di un’ottava, ne ascenderebbe un’altra e poi un’altra ancora, e cosí all’infinito. Se tale esecuzione venisse effettivamente realizzata, il canone salirebbe sempre di piú, aumentando la frequenza sonora fino alle soglie dell’udibile; poi passerebbe agli ultrasuoni; a frequenze sempre piú alte l’impulso entrerebbe nel mondo delle onde radio, poi gli infrarossi, fino a farsi luce visibile; continuerebbe poi la sua strada fino agli ultravioletti, i raggi x e i raggi gamma e cosi via… Tutto questo ci porta a una dimensione cosmica della musica. Da Bach, il pensiero torna inevitabilmente al mondo mistico-pitagorico dell’armonia delle sfere” . ( Ottavio de Carli, ‘L’ars canonica di J.S. Bach’ Conferenza a Brescia, Teatro Sancarlino, 6 marzo 2001 v. rebrand.ly/b7cowbn=

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San Carlino alla Quattro fontane di Francesco Borromini con le orbite ellittihce scoperte da Keplero.

In seguito all’avvio dell’esplorazione sistematica dell’Universo, Keplero formula la sua prima legge nella quale afferma che l’orbita descritta dai pianeti non è circolare, come si credeva finora, ma ellittica e il Sole occupa uno dei due fuochi dell’ellisse. Forse è proprio questa scoperta a dare Impulso ad alcune nuove idee nella distribuzione in pianta di molti edifici barocchi, come ad esempio la chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane a Roma di Borromini. In questa immagine possiamo notare la pianta della chiesa con al suo interno una rappresentazione delle orbite ellittiche scoperte da Keplero in sostituzione della proiezione della cupola di base ellittica. Interessante anche in questo contesto è la facciata della chiesa che presenta delle parti concave e convesse, un rimando forse alla lente dei telescopi usati dagli scienziati che iniziano ad osservare il cosmo più dettagliatamente

L’Universo macchina: strani suoni ci allontanano dall’armonia primordiale

Nell’Universo-macchina tutto viene razionalizzato dagli sviluppi della tecnica, compresa la musica. Giá Boezio nell’antichità si era soffermato sulla distinzione tra ‘musica humana’ e ‘musica mundana’. Distinzione che, nel Medioevo, viene ripresa come si diceva da Agostino e che nel ‘700 torna alla ribalta con Jean Jacques Rousseau, che si schiera contro quella che definisce la ‘musica artificiosa della modernitá’ : quest’ultima avrebbe favorito la razionalizzazione della musica, allontanandola dalle sue origini di linguaggio diretto delle passioni come espressione primigenia dell’uomo non ancora corrotto dalla civiltá. Da una parte abbiamo quindi la ‘musica mundana’, o musica artificiosa della modernitá; dall’altra invece, la ‘musica humana’, finora associata solo ai canti religiosi cristiani. Verso la fine del XIX sec. in America questi ultimi si fondono con altre tradizioni ben piú antiche: la tradizione culturale degli schiavi neri, deportati dall’Africa a partire dal 1500, si incontra con quella degli europei giunti a colonizzare le Americhe, e dall’incrocio di forze sotterranee di un popolo considerato istintivo e dell’idealismo occidentale nato dalla Grecia classica fiorisce una nuova forma culturale basata sulla creatività e l’improvvisazione. Gli schiavi africani si mantengono legati alla loro tradizione musicale, ma perdono alcuni dei loro strumenti tradizionali, come ad esempio i tamburi, confiscati in quanto i bianchi credono che vengano usati per comunicare e incitare alla ribellione: le loro canzoni (work songs e plantation songs) servono quindi a vincere la condizione di inferiorità e assoggettamento alla quale sono costretti nel contesto dell’Universo-macchina. La tradizione europea fornisce invece l’impulso ad attingere da altre forme musicali cosi come anche da nuovi strumenti musicali, dal pianoforte agli strumenti a fiato. Le memorie dei ricordi africani vengono trapiantate sulle sonorità popolari dei bianchi e contaminate dai canti religiosi cristiani: dapprima il canto accompagna il lavoro (con il blues) e poi diviene anche preghiera (con il gospel). Nasce un nuovo linguaggio musicale estremamente emozionale, nato dall’improvvisazione: il jazz. Non sappiamo di preciso da dove provenga questo termine, forse la definizione piú adatta in questo contesto è quella che da Dizzy Gillespie, il quale sostiene che ‘jasi’, in un dialetto africano, significa ‘vivere ad un ritmo accelerato’, il nuovo ritmo scandito dall’Universo-macchina. 

Jean Tinguely e Niki de Saint-Phalleartisti noti per le loro opere provocatorie e innovative, hanno criticato l’Universo-macchina attraverso il loro lavoro, sfidando la fredda razionalità e la disumanizzazione della società industriale. Le loro opere invitano il pubblico a riflettere sul rapporto tra tecnologia, natura e umanità, promuovendo un approccio più ludico e umanistico alla vita. Pensiero che si riflette in Architettura solo decenni più tardi, con grande forzanel lavoro di Enric Miralles, che rifiuta la linea retta, fredda e astratta, in favore di forme organiche di derivazione dal mondo naturale: lasua architettura appare quasi una riflesso in Architettura dell’improvvisazione centrale nella musica Jazz.


Collage dell’autore di uno schizzo di Jean Tinguely e Niki de Saint-Phalle, “Homage to New York” (1960), e di un disegno di Enrici Miralles e Carme PiPinòs sull’Impianto del tiro dell’Arco Barcellona 1992. Un rifiuto dell’ossessione per il progresso meccanico di Tinguely, forse una capolavori ‘jazz’ di architettura.

Verso la fine dell’Antropoceno e l’affermazione di un Universo queer

Oggi abbiamo finalmente sufficiente consapevolezza per accertare l’esistenza di forze immateriali delle quali gli antichi potevano solo supporre l’esistenza. Il suono sembra essere sempre stato un utile strumento per poter spaziare nell’invisibile e dare forma a queste forze non direttamente visibili. La questione sembra quindi legata alla dimensione del suono: siamo circondati da cose ed esseri umani (e non) che altro non sono che altoparlanti. Siamo noi quindi a costruire lo spazio a seconda delle relazioni che instauriamo con le cose e con gli altri, a seconda di quali altoparlanti scegliamo di percepire piú o meno di altri. Non puó, quindi, esistere solo ció che vediamo; esiste tuttó ció che percepiamo. Lo scopo dell’architettura diventa quello di captare forze inudibili dall’interno della materia: occorre entrare nella dimensione metafisica delle cose materiali, nel loro interno per poterne cogliere l’essenza. Per farlo, dobbiamo allargare la nostra percezione e capire come “suonano” le cose. 

L’artista contemporanea che forse è meglio riuscita in questo intento è Björk. Durante l’Antropocene, un’era geologica che enfatizza la centralità dell’uomo, la visione dominante dell’Universo è quella binaria fornita dalla tradizione giudaico-cristiana. Con la messa in discussione dell’Universo-macchina, invece, l’attenzione si sposta sempre più sulla Natura: il divino non è più qualcosa che è esterno all’Universo, ma è invece in qualsiasi essere, umano e non, che è presente qui tra noi. Stiamo gradualmente abbandonando la concezione di Universo uomo-dio, in favore di un Universo queer, non binario: la fine dell’Antropocene provoca un cambiamento radicale, con una conseguente riduzione dell’influenza umana e una maggiore enfasi sui processi ciclici della biosfera. Tornando a Björk, il suo album Biophilia sembra proprio estrapolare i suoni e i temi direttamente dalla Natura (ad esempio dai movimenti delle placche tettoniche) e sottolinea la connessione profonda tra umanità, tecnica e ambiente. La sua musica evoca un senso di meraviglia e rispetto, incoraggiando l’ascoltatore a riflettere sul rapporto simbiotico tra l’uomo e la Terra. Stesse idee che ritroviamo anche nel lavoro di Neri Oxman: nel Silk Pavillion, ad esempio, riesce a trovare la maniera di dare voce aa altri nostri colleghi non-umani, i bachi da seta, che altro non sono che suoi co-autori del progetto.

In questo contesto, Biophilia può essere vista come un’opera che promuove una visione post-Antropocenica, in cui l’umanità riconosce e rispetta i limiti e cerca un’armonia con i processi naturali del pianeta. Björk, attraverso la sua musica, invita a un ritorno alla “biofilia”, ovvero l’amore per la vita e per tutti gli esseri viventi, proponendo una via verso una convivenza più sostenibile e rispettosa. Nell’immagine in basso notiamo in alto un estratto da un artwork che la cantante islandese ha creato per il suo album sovrapposto ad una rappresentazione diagrammatica del Silk Pavillion di Neri Oxman: questo progetto combina la produzione naturale dei bachi da seta con tecnologie avanzate di progettazione e fabbricazione. Il padiglione è stato costruito utilizzando un braccio robotico che ha creato una struttura geometrica di base con fili di seta, sulla quale successivamente centinaia di bachi da seta hanno completato la tessitura, seguendo il loro comportamento naturale. Questo approccio esplora l’integrazione tra processi biologici e digitali, proponendo nuovi metodi di costruzione sostenibili e ispirati dalla Natura. 

Collage dell’autore con in altro una parte della cover dell’opera di Biophilia di Björk e in basso un’opera di Neri Oxman che costruisce una scultura ibrida a metà digitale a metà naturale.

Conclusione

Il lavoro di Oxman e Björk rappresenta una visione innovativa di architettura e musica, nella quale la collaborazione tra organismi viventi e macchine può portare a novità radicali ecologicamente armoniose. Il loro non è più un lavoro individuale, piuttosto altri elementi ed esseri non-umani diventano ora co-autori compositori dell’opera. E forse l’Architettura del post-Antropocene dovrebbe guardare proprio al lavoro di queste due grandi donne per fare un ulteriore salto e cambio di paradigma di cui abbiamo bisogno, oggi più che mai.

in copertina E. L. Boulée, Cenotafio di Newton, 1784, da C. Catalano, Boulée, 2024





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