Arte da vivere e da tramandare nella mostra al MAXII dedicata a Riccardo Dalisi
Architetto, designer, scultore, professore Riccardo Dalisi (1931-2022) è stato il pioniere dell’arte povera e radicale e un maestro della scuola napoletana. Poliedrico, utopista, sognatore, rivoluzionario, ha diffuso la propria arte per le strade dei quartieri più fragili della città e, insieme ai suoi studenti, ha costruito opere che si sollevavano leggerissime nel cielo, come i panni appesi nei vincoli partenopei, come le nuvole che si aggirano per la galleria 4del MAXXI di Roma (sino al 3 marzo). La mostra “Riccardo Dalisi. Radicalmente”, curata dallo storico dell’architettura e del design Gabriele Neri e allestita da Fabio Novembre, interpreta con particolare sensibilità gli esiti del lavoro del Maestro. È veramente una mostra ricca e soprattutto esperienziale di cui consigliamo la visita. La mostra allestisce un “mondo sottosopra” in cui il pavimento fa da cielo e forme sinuose – quasi fossero le coste del mare o i profili dei monti – insieme a nuvole e tendaggi evocano una città popolata dalle creazioni dell’autore. Ribaltare il punto di vista dell’osservatore era una tecnica cara a Dalisi che, con arguta ironia, ha reso omaggio alla cultura e alle tradizioni del Mediterraneo e fatto dell’arte uno strumento di rinascita.
Nato a Potenza nel 1931, Dalisi ha studiato architettura all’Università degli Studi di Napoli Federico II e si è laureato nel 1957, ma già durante la formazione, aveva dimostrato la suapassione per le arti, riuscendo a combinare tecnica e design con fantasiosa ingegnosità. Terminati gli studi entrò a far parte dello studio di Francesco della Sala, dove conobbe Massimo Pica Ciamarra, col quale avviò una collaborazione nel 1962. L’anno seguente vinsero un concorso pubblico per la realizzazione del Palazzo della Nuova Borsa Merci (1964-1971), con Michele Capobianco, Elio Giangreco e Giuseppe Giordano. Nella mostra sono esposte le immagini di questa opera attraverso le fotografie di Mimmo Jodice, che rivelano la dinamica fusione tra l’organicismo formale wrightiano e l’espressività del beton brutlecorbuseriani, attraverso la scomposizione e la geometrizzazione di traiettorie appuntite di uno spirito decostruttivista ante litteram.
Come architetto Dalisi si dedicò anche ad interventi di “restauro creativo”, per la ricostruzione e il rinnovamento dei paesi dell’Irpinia colpiti dal terremoto del 1980, e con progetti – dichiaratamente irrealizzabili – tra cui il piano per Panopolis(1999), che è anch’esso contenuto nella sezione “Architettura viva”. La sua insolita creatività lo portò poi a dar vita a visioni altrettanto oniriche attraverso disegni, pitture, tappeti, mosaici e sculture. Personaggi di miti, fiabe e racconti popolari (Polifemo, Vulcano, angeli, pupazzi, guerrieri e burattini) galleggiano così come le nuvole dell’installazione e i visitatori, muovendosi verso le pareti, paiono farsi spazio nella mente stessa del Dalisi scultore. Con tecniche povere e materiali di riciclo ha realizzato numerosissime opere con le sue stesse mani dedicandosi, più di ogni altra cosa, al design del quotidiano: all’invenzione poetica di oggetti e arredi che rievocano ricordi d’infanzia.
Dalisi è ricordato da tutti soprattutto per la sua ricerca sullacaffettiera napoletana, narrata nella sezione “L’opera buffa del design”. Lo spazio dell’allestimento è denso dei prototipi che egliha sviluppato per Alessi che, nel 1979, gli chiese di produrre una versione che due anni dopo lo portò alla vittoria del Compasso d’Oro (nel 2014 ha poi vinto il secondo, “alla carriera”). Una edizione in cui gareggiavano architetti e designer del calibro di Giugiaro, con la Panda, e Piano col Beaubourg. Incredulo, Dalisi pensò: «forse non lo merito io il Compasso d’Oro; lo merita la caffettiera napoletana… perché è un oggetto così divertente, che si gira…sembra un saltimbanco!» [La caffettiera napoletana, 2024],che realizzò guerrieri, cavalieri, e robot; addirittura una che assomiglia per metà a Totò e per metà a Pinocchio (Totocchio), e ancora una col braccio alzato, vittoriosa, mostrando il compasso d’oro. Insomma, un esercito di “Caffettiere animate”!
Per la realizzazione dei prototipi delle caffettiere, Dalisi si rivolse ai lattonai e ai ramaioli della Rua Catalana di Napoli, coi quali sperimentò usi e funzioni di questo strumento attraverso un design “ultrapoverissimo”, cioè spoglio di qualsiasi elemento d’ornamento. La bellezza di queste creazioni povere ma ingegnosissime, inoltre, risiedeva nella possibilità che venisseriprodotto da chiunque volesse cimentarsi nella lavorazione della latta e del rame e Dalisi, allora docente di architetturaall’Università di Napoli, era interessato a trasmettere questo approccio al mestiere. Negli anni Settanta, aveva cofondato con Sottsass, Mendini ed altri il gruppo di “architettura radicale” Global Tools, il cui intento era esattamente quello di diffondere le arti al di fuori dell’università, per mettere al servizio degli altri le proprie conoscenze, stimolare il pensiero creativo e costruire insieme opere collettive. Ma il gioco e l’ironia cosi fondanti in Global Tools assume per così dire in lui un dato ancora più spontaneo, naturale, iperscherzoso che sembra nascere proprio dai vicoli della sua città di adozione
Nel 1971, infatti, Dalisi si recò con i suoi studenti nel Rione Traiano di Napoli, non portando intellettualisticamente l’arte, ma cercandola insieme ai ragazzi del quartiere. Studenti e ragazzine e ragazzini sperimentarono la costruzione di strutture in legno. La geometria era la partenza per esplorare configurazioni sempre più complesse diventando lo strumento di sviluppo per processi morfologici e costruttivi in una operazione che fa pensare agli sviluppi parametrici oggi abituali; una “Geometria generativa”insomma come giustamente viene chiamata la sezione che liraccoglie. Realizzarono sculture e oggetti per il quartiere e anche giocattoli, ricami e arredi sempre con materiali di fortuna. Famosa divenne “la Sedia del Cece” [Neri 2023]: una bambina modellòuna sediolina con una mezza molletta e due pezzetti di legno per far sedere un cece. Dalisi, anni dopo, chiese a Rossi, De Carlo, Purini, Aulenti, Mari, Warhol, Beuys, Munari, Portoghesi di disegnare una sedia ad essa ispirata dando così vita ad una rarissima collezione visibile al MAXXI.
Eppure, l’eredità di Dalisi è molto più vasta di quella esposta. Il suo impegno nel sociale non ha mai trovato fine: è proseguito a Ponticelli, a Scampia, a Nisida e al rione Sanità, a partire dallaboratorio “Progettazione e compassione” del 2005. La basilica di Santa Maria della Sanità, le Catacombe di San Gaudioso e il Nuovo Teatro Sanità conservano oggi la sua arte, come la Casa del Monacone. Per questo rinnovato convento Dalisi ha riallestito gli spazi interni, mentre gli arredi di una delle camere sono statiprogettati e autocostruiti dagli studenti del corso di Interior Design del DBE-DiARC della Federico II di Napoli (2016), sotto la guida del professore Nicola Flora che, come Dalisi, ha inteso il ruolo del ricercatore-docente come chi non perde di vista la città e le sue interne periferie, né le persone che vi vivono, per ideare e riedificare pezzi di storia della Sanità, in collaborazione con la Fondazione San Gennaro e insieme ai suoi cari allievi [Flora 2023].
In questo ambito, dunque, è doveroso menzionare l’esperienza della cooperativa Iron Angels, composta da giovani ragazzi del rione a cui il Maestro ha insegnato la lavorazione dei metalli e dato un’occasione di riscatto attraverso una manualità divenuta impresa. Attualmente, infatti, la cooperativa ha un laboratorio artistico che produce opere inedite realizzate con materiali poveria dimostrazione di quanto sia vitale che l’istruzione esca dall’università per rintracciare desiderose menti pensanti con cui elaborare e intrecciare il proprio sapere.
«Non so se più o meno…allora ho fatto tante cose. Ho cominciato così: mi hanno interessato questi bambini la cui scuola era la strada. Era tutto ingarbugliato nella strada. Tutto vecchio e tutto nuovo contemporaneamente. Era la strada che parlava a me. Allora ho cominciato lì a pensare che forse, forse (e lo dico in maniera diversa: “forse”), c’era un’intuizione di una novità. Allora ho cominciato là a vedere le cose diversamente. Io sono stato uno che è stato diverso, però nel verso giusto, forse. Forse. Chi lo sa. Io dico sempre ‘Chi ‘o ssape?!» [Archivi viventi 2021].
Fotografie di Marco Addona e Francesca Casalino
Bibliografia essenziale
Anna Maria Laville, Riccardo Dalisi. Vincendo il tempo, Corraini Edizioni, Mantova 2020
Nicola Flora, Pensieri e progetti dal rione Sanità. Nove anni di terza missione del Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, LetteraVentidue, Siracusa 2023
Valerio Borgonuovo e Silvia Franceschini (a cura di), Global Tools. Quando l’educazione coinciderà con la vita. 1973-1975, Nero Editions, Roma 2018
Riccardo Dalisi, Architettura d’animazione. Cultura del proletariato e lavoro di quartiere a Napoli, Carucci, Roma 1975
Riccardo Dalisi, L’architettura dell’imprevedibilità. Glossario delle varianti, Argalia Editore, Urbino 1970
Riccardo Dalisi, Decrescita: architettura della nuova innocenza, Corraini Edizioni, Mantova 2009
Riccardo Dalisi, Radicalmente. Tornare ai fulcri generativi dell’architettura, Edizioni Kappa, Roma 2004
Ganiele Neri, Ricardo Dalisi Radicalmente, Mini Guida della Mostra al MAXXI di Roma sino al 3 marzo 2024 scarica