Oggi è scomparsa una donna modernissima. Giovanna De Sanctis Ricciardone (Bussi sul Tirino (Pescara) 1938- Calvi dell’Umbria 2023) .
Vediamo di capire perché modernissima. Giovanna era tra le poche studentesse della facoltà di architettura degli anni Cinquanta a Roma e l’unica della classe di Composizione di Saul Greco nella foto che vedete. Dotatissima per il disegno, pur se di solida famiglia abruzzese, si guadagnava da vivere disegnando prospettive negli studi (tra cui quello di Paolo Portoghesi, professore a cui sempre ha dedicato parole di rispetto e amicizia, e qualcosa vorrà ben dire, perché sapeva che io ero recalcitrante). Comunista convinta come il marito Alessandro Anselmi, aveva una repulsione politica per l’Università. Era più comunista guadagnarsi il pane come docente nelle scuole che tenere braga a un barone. E divenne professoressa al Liceo artistico sino a quello super sperimentale della Bufalotta, di cui tutti parlavano negli anni Settanta. Contemporaneamente era una donna politica vera. Mandata dalla direzione del Pci nei fronti duri dell’hinterland laziale a tenere fortini e fare a cazzotti (virtuali) con i democristiani assopigliatutto. Mi raccontava i colloqui con i dirigenti di partito come Bufalini e altri, la compagna Ricciardone, quando essere comunisti era una missione totalizzante.
Gli anni el “Il Manifesto”, dopo Praga, la fecero sussultare, non credo altrettanto Sandro che era stato a Cuba libre con Renato Nicolini et al.
Stava lei donna in un mondo di uomini, madre di due bei bambini Cecilia e Valentino che qui abbracciamo. Architetto, bravissima disegnatrice, donna politica, comunista, madre: vi basta? Niente affatto, Giovanna che gli dice un bel giorno a quegli spocchiosetti del Grau e al marito stesso? Gli dice “Sai che c’è? Ora basta.” Fatevele voi le vostre utopie tipo Piazza Margana (ma ne vogliamo parlare seriamente). Fateli voi gli architetti, io appendo la squadra e faccio l’artista.
E così rinuncia a fare l’architetto (rinuncia dolorosissima intendiamoci) e intraprende una vigorosa carriera artistica che ha il suo apice in dei monumenti pubblici e l’apice dell’apice nella vittoria Alata (sulla mafia) che mette nella piazza della nuova pretura di Palermo vinta per concorso da un architetto che diventerà vicino a entrambi noi due: Sebastiano Monaco, chiamato da tutti Iano.
Ma come gli artisti Giovanna produce per cicli tematici. Stupendo quello degli incisi e dei trafitti. Pezzi di materia attraversati da vettori, un poco come le lance su San Sebastiano. Perché nel frattempo Giovanna diventa una delle leader del movimento femminista romano e una indefessa organizzatrice di mostre e di cultura in una corte di via Del Vignola che prende il nome di “il Politecnico” e che porta avanti con Amedeo Fago.
Gli anni 80 90 e 2000 sono di successo professionale per le mostre e le opere pubbliche e coincidono con la creazione di un grande studio-laboratorio a Calvi in Umbria dove ha la strumentazione necessaria e un archivio. Spesso mi parla dell’archivio fonte inesauribile di riflessione. E della casa amatissima come il suo buon rifugio.
La conosco alla morte di Anselmi nel 2013. Da allora ho con lei una amicizia intensa, ininterrotta, ricca di incontri, di conversazioni interminabili su tutto e anche legata alla produzione di due libri. Diceva di essere un poco maga. Ci scherzavo dicendo “eh si., pure” Ma da una volta non ci scherzai più su questo. La invitai a una festa e tra milioni di regali che mi poteva fare mi mi portò un cuscino di Bowie. Era l’idolo, dico l’idolo, di Donatella (che lei non conosceva per nulla) e anche mio. Come l’aveva capito se non perché era veramente – come diceva – una maga. Il cuscino mi guarda fermo ora con gli occhi del Duca Bianco. Io penso che secoli fa la avrebbero bruciata sul rogo una donna libera e ribelle e bella come Giovanna, oggi ci ha dato tanto a tutti. Anche perché qualunque cosa potete dire io sono un vero passatista e credo che il progresso esista.
Leggi il bellissimo “Cosmo” scritto da Giovanna. È un testo molto illustrato in cui visione, autobiografia, ricerca artistica si combinano in un unico respiro. Non vi dico quanto ha lavorato Matteo Baldissara con Giovanna per fare convergere questo universo in un saggio di solo una trentina di pagine. Il libro rapprsenta un (epico) sforzo corale con la cura anche di Marta Montuori e Teodora M.M. Piccinino e autori un’altra decina di appassionanti architetti. Un bel giorno di giugno del 2017 ci ospitò tutti al suo studio.