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Controrivista Fonti della Critica

Cultura

Il giorno 10 giugno 2923 sono stati trovati nella giungla amazzonica quattro bambini sopravvisuti per circa 40 giorni dopo un crash aereo. E’ una verifica di quanto qui espresso come guida della parola cultura.

Cercare di definire la parola “cultura” è importante perché attraversa tutte le attività umane. Chiediamoci allora “Che cos’è la cultura? Come possiamo definirla?”. La maniera più interessante di pensare alla parola ‘cultura’ [credo per tutti, ma certamente per noi architetti] è considerarla non come una cosa, ma come una capacità, una facoltà….

Spesso nel linguaggio comune si fa confusione sovrapponendo due termini alla parola cultura: da una parte “l’accumulo delle nozioni” – naturalmente le nozioni sono fondamentali, ma l’accumularsi delle nozioni non è cultura – e “la conoscenza ” – che si trova a un livello più ricco dell’accumulo delle nozioni, ma di nuovo conoscenza non è cultura. Chiediamo allora a ChatGTP come la vede. Risponde :”la cultura è un insieme di valori, credenze, pratiche, usanze e conoscenze condivise da un gruppo di persone e che influenzano la loro vita quotidiana, il loro modo di pensare e di relazionarsi tra loro.” Ecco, sembra fatto, invece niente affatto. Bisogna andare ben più avanti.

Definzione: una questione di metodo
Cominciamo con il ribaltare la questione: la cultura non è una cosa (“un insieme di valori…”) ma, come dicevamo, una “facoltà”. Propongo di conseguenza che una maniera più interessante per definirla sia:

La cultura è la costruzione di una capacità di orientamento che, basandosi sulla comprensione critica del passato, guarda alla costruzione del futuro.

Procediamo ora con una questione di metodo: la definizione che abbiamo appena formulato è una “ipotesi”. Nel campo delle scienze esatte una ipotesi deve essere verificata oggettivamente.  Nella fisica, per esempio, se si fa una ipotesi bisogna verificare se i risultati ottenuti siano quelli previsti dalla ipotesi.

Una definizione nelle scienze umane, pur non potendo superare test oggettivi, può essere verificata riguardo la sua “utilità”. È utile se apre la strada ad altre idee, altre riflessioni, insomma se si rivela propulsiva. In questo caso si può validare (anche se solo “relativamente” al contesto, al momento, alle necessità).

Verifica
Torniamo allora all’ipotesi di definire la cultura come “la costruzione di una capacità di orientamento …” e domandiamoci, “come possiamo verificare se la definizione è utile?” 

Un Andamanese fotografato tra il 1906 e il 1908 da Radciffe Brown da Joseph Campbell, Historical Atlas of World Mytology, Part I Mythologies of the Primitive Huanters and Gathers Londra 1980 e seguenti.

Poniamoci in una situazione estrema: precipita un aereo, sono l’unico sopravvissuto e finisco nella foresta amazzonica. Ho la cultura – uso la parola ‘cultura’ appositamente ora – della foresta amazzonica? No, ovviamente. In quanto tempo allora sopravviverò? Probabilmente 10 minuti, perché ci sono diversi pericoli: gli alligatori, la possibilità di mettere il piede nel punto sbagliato, di bere dell’acqua inquinata, etc. . Inoltrem saprei dove andare per trovare aiuto? Evidentemente no. Sarei completamente “dis-orientato”.

Adesso immaginiamo che arrivi un indigeno. Cosa ha l’abitante della foresta amazzonica che io non ho? Ne ha la cultura. La ‘cultura’: le capacità che dal passato si proiettano al futuro. Il futuro, in questo caso, è riuscire a sopravvivere e arrivare all’accampamento. Chi ha la cultura della foresta amazzonica ne ha capacità di orientamento.

Questo primo test sembra funzionare. 

Funzione critica
Soffermiamoci ora su un altro concetto della definizione: la cultura è anche “capacità di azione critica nella realtà”, cioè la parola cultura ha costruita dentro si sé una funzione critica.  

Torniamo all’indigeno: nel cammino si possono presentare situazioni nuove o impreviste. Se la cultura fosse solo accumulo di nozioni, non potrebbe mai rispondere a una situazione nuova. Siccome invece la cultura ha in sé una componente critica (che si basa sulla selezione delle esperienza passate) essa ha la “potenzialità” di rispondere anche al non previsto, al nuovo.

La cultura non è quindi un accumulo di nozioni impartito da un professore a un alunno, ma riguarda l’elaborazione delle nozioni in funzione critica. È proprio questo ciò che serve. Nell’educazione le nozioni sono degli utensili necessari, ma sono degli utensili, serve insegnare la capacità di orientamento, e la capacità di orientamento implica un atteggiamento critico. 

Ibridazione
Affrontiamo adesso un altro discorso. Oltre a quella critica, quali altre funzioni ha la cultura? Ebbene ha la meravigliosa capacità di ibridarsi.

Gli impressionisti, come si sa, furono rivoluzionari. Avevano una profonda cultura accademica, ma compresero che dovevano andare avanti. Ebbero legami diretti con le scuole realiste e paesaggiste francesi ma, allo stesso tempo, gli impressionisti “ibridarono” perché scoprirono l’arte giapponese e la combinarono con la loro cultura determinando una miscela del tutto nuova.

Lo stesso vale per Picasso: sa qual è il suo nemico e allo stesso tempo, senza l’ibridazione dell’arte primitiva africana, non ci sarebbe né lui né Braque.  

In un libro che ho letto recentemente L’alba di tutto di David Graeber e David Wengrow, si parla di questo concetto di ibridazione nella filosofia e nella politica. 

Vi faccio un esempio. Scoppia la rivoluzione francese, che come si sa è stata fecondata dal pensiero illuminista. È risaputo che senza Voltaire e Rousseau non ci sarebbe stata, ma ciò che pochissimi sanno è che il pensiero dei due filosofi arriva da una enorme ibridazione. Con chi si ibridano? 

L’ibridazione avviene proprio con quell’indigeno della cultura amazzonica, o meglio, con una sua variante: l’indiano d’America. All’inizio del ‘700 gli esploratori più avvertiti notarono come i capi pellerossa possedevano una profondissima cultura e avevano inoltre delle capacità retoriche e metaforiche inaspettate. Colpiti da questa grande, chiamiamola saggezza, decisero di portarli in Francia. Qui, nei salotti intellettuali, i capi pellerossa poterono spiegare il loro mondo e il concetto di libertà, completamente ignorato dalla cultura europea assolutista e anche i concetti di fratellanza e di uguaglianza. Ebbene le parole chiave della rivoluzione sono concetti nati dall’ibridazione con la cultura dei pellerossa. La questione è anche divertente perché i capi tornati nelle tribù fecero un report su ciò che videro in Europa. E narrarono di un mondo con venti religioni che si facevano costantemente la guerra, di nazioni comandate da un Re-Dio, della gran parte del popolo in povertà a confronto di dimore e ricchezze enormi.

Un ultimo Test

Chiudendo l’articolo e su suggerimento di Enzo (della nostra redazione) ho voluto vedere cosa ne pensava la Treccani. Ebbene la definzione della nostra Enciclopedia è molto vicina alla mia! Eccola la mia sorella perduta! Che batte ChatGTP, per fortuna.

“Cultura 1. a. L’insieme delle cognizioni intellettuali che una persona ha acquisito attraverso lo studio e l’esperienza, rielaborandole peraltro con un personale e profondo ripensamento così da convertire le nozioni da semplice erudizione in elemento costitutivo della sua personalità morale, della sua spiritualità e del suo gusto estetico, e, in breve, nella consapevolezza di sé e del proprio mondo” da Enciclopedia Treccani on line v

Ringrazio Diana Carta del sunto di una conversazione tenuta con lei e un gruppo di dottorandi lo scorso marzo. Il tema era stato anticipato in Roma Cosmo Materia Cultura a cura di Matteo Balidissara et al. Roma 2017

Benot Sokal, Amazzonia, 2000

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2 risposte su “Cultura”

Secondo me la cultura è l’arte di sublimare la conoscenza, usandola in tutti i contesti, e rendendola con grazia, per stimolare la facoltà creativa e ideatrice di ogni uomo, di tutti gli uomini.. possibile di rivelazione e rendendo degni di vivere uomini e bestie come diceva Trilussa, in un contesto che si vuole -senza dubbio- far crescere. Non per proprio vantaggio ma così per semplicità e tensione umana

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