Si è appena svolto un convegno dal titolo “Valore e conoscenza del patrimonio storico e insediativo di Gioiosa Guardia”, organizzato con la ferrea volontà della ragione da un professore di storia di architettura della Università di Palermo originario di Gioiosa Marea. L’architetto Aldo Casamento.
Ha riunito nell’Auditoirum della città – intitolato sulle carte al senatore Raffaele Saggio – una serie di qualificati studiosi. Innanzitutto i responsabili che hanno responsabilità amministrative e operative sul sito di Gioiosa Guardia e cioè il Parco archeologico di Tindari (Anna Piccione direttrice del parco che ha nella legislazione siciliana ampia autonomia finanziaria e gestionale), la Soprintendenza di Messina (direttrice Mirella Vinci) e il Comune di Gioiosa Marea (assessore Teodoro Lamonica). Al convegno sono anche intervenuti Gabriella Tigano, (direttrice del parco di Taormina Naxos che è anche l’archeologa che ha guidato gli scavi nell’area di Gioiosa Guardia) e i docenti dell’Università di Messina di archeologia (Caterina Ingoglia), di restauro (Fabio Todesco ) e di antropologia (Marcello Mollica). Inoltre il convegno ha visto l’intervento di Michele Fasolo, co-direttore della rivista “Archeomatica” e archeologo specializzato in topografia antica e la collaborazione di Italia Nostra Sicilia (Angela Pipitò).
L’occasione è stata come si diceva di interesse e spessore. Aldo Casamento ha tracciato la storia degli insediamenti attraverso una struttura circolare. È partito dalle evidenze archeologiche di età neolitica nelle grotte marine del Tono. Si è soffermato su un insediamento di fondazione greca ritrovato solo recentemente in un pianoro verso oriente che si colloca a circa 150 metri più in basso del borgo consolidato in epoca medievale che ha appunto il nome di Gioiosa Guardia. Il borgo si costituì negli studi di Casamento durante il Medioevo allungandosi su una dorsale che lentamente saliva terminando con una torre che ne rappresentò verosimilmente il primo atto. L’insediamento fu ufficialmente abbandonato agli albori del XIX secolo. Si trattò di un “ritorno” sul mare per fondare l’attuale Gioiosa Marea, centro del messinese dalle potenzialità turistiche cui sono legato perché la mia famiglia paterna vi ha vissuto da quattro generazioni.
L’archeologa Ingoglia si è chiesta nel suo intervento molti “Perché?”. Prima di iniziare nuove indagini archeologiche (che oggi non hanno bisogno solo della rilevanza scientifica dello scavo, ma anche una evidenza della valorizzazione di un tessuto di relazioni culturali ed economiche) bisogna avere le idee chiare “se no non si va da nessuna parte”. Inoltre Ingoglia ha sottolineato come il territorio tra Peloritani e Nebrodi (i monti in provincia di Messina che corrono paralleli alla costa settentrionale dell’isola) è del tutto particolare. È una sorta di terra “indigena “ abitata dai Siculi che hanno resistito a lungo alle invasioni greche e un millennio dopo a quelle Arabe. Un territorio arroccato e di straordinaria bellezza. Ma quale la ragione della particolarità storica e antropologica di questo territorio?. Ancora non abbiamo risposte.
Di rilievo l’intervento sula rete dei percorsi antichi di Todesco e quello dell’antropologo Mollica che ha ricordato le tradizioni che legano la città “vecchia” alla nuova. In particolare le celebrazioni religiose rappresentano una chiave per capire la relazione tra terra e mare, che anche dell’attuale Gioiosa costituisce una linfa vitale nella stessa organizzazione capillare di case rurali in tutto il territorio montuoso. Questa relazione mare-monti ha generato il progetto per Gioiosa del SicilyLab intitolato “Marea” che conseguì un premio da parte dell’Amministrazione. Michele Fasolo ha tenuto un intervento molto più politico di quanti mi aspettassi. Il che è un bene. Ha illustrato come la tecnica della “Prospezione archeologica di superficie” (cioè dell’esplorazione palmo a palmo del territorio alla ricerca di reperti del passato) non solo può portare a nuove scoperte, ma muove da una tensione verso una storia “diffusa” delle classi subalterne. Rilevante come l’intervento di Fasolo abbia coniugato da una parte sofisticate tecnologie informatiche – che “Archeomatica “diffonde da anni – a una tecnica antica come quella del camminare.
Bruno Zevi diceva che “un convegno è sempre politico” e Aldo Casamento ha cercato di mettere alle strette l’Amministrazione rappresentata dall’assessore alla cultura Lamonica anche sulla base di un Master plan sull’area di Gioiosa Guardia redatto dal Centro internazionale di studi sulla storia della città che dirige. Ha fatto bene. Al convegno vi era molto presente la cultura, poco la politica (assenti deputati regionali e nazionali o senatori il cui compito sarebbe imparare per perorare progetti come quelli qui proposti). Forse vi sarebbero potuti essere i residenti che vivono e lavorano alle pendici di Gioiosa Guardia e che sono più numerosi che in altre lande comunali.
Ora veniamo, a quello che il sottoscritto ha compreso della questione. Abbiamo la tendenza a etichettare e suddividere. Ma di norma – anche se quello analitico è un utile strumento per uscire dall’oscurità – semplificando, sbagliamo. Nulla vieta di pensare che “contemporaneamente” agli insediamenti neolitici sul mare vi siano stati insediamenti dei Siculi sui monti che utilizzavano le vaste piane scoscese che ancora oggi sono coltivate. Il sito era magnifico e altissimo: 800 metri. Un punto di grande “concentrazione di informazione” come su altri picchi lungo la costa, ma ben più alto di Cefalù 250 metri, di Capo d’Orlando 74 metri, di Calavà 492 o di Tindari 258. Ciascuno di questi punti è “accumulo” di informazione (che consentiva ai nostri antenati di scrutare tanto il cielo che il territorio) e sono ovviamente oggetto di stratificazioni insediative tanto di natura informativa che simbolica e religiosa da tempi remotissimi. Naturalmente, a Gioiosa Guardia sulla cresta non poteva non esistere una acropoli: prima una stele, poi un altare, poi un tempio, poi una torre. In questo contesto ancora niente vieta che ai nostri antenati Siculi, un poco indigeni un poco selvaggi si sia sostituta (con la forza?) una comunità di coloni greci. Una comunità che organizzò naturalmente il proprio insediamento sul famoso ordito ippodameo rivolgendolo verso la madre patria (una esposizione protetta dal sole occidentale estivo e riparato dai venti dalla cresta del monte) e che come d’abitudine si sviluppò sotto l’acropoli. Incredibile pensare che solo sino a pochi decenni orsono della città greca non se ne conosceva la presenza e gli scavi diretti dalla Tigano hanno rivsetito pertanto una rilevanza notevole.
Nel medioevo sulla cima del Monte Melluso si consolida una torre di avvistamento da cui il nome di Gioiosa Guardia che deve essere stata parte di un sistema di riferimenti territoriali se si pensa che traguarda tanto l’Etna che le Eolie. Quello che oggi ci appare un sito quasi “inaccessibile” non lo era affatto nel passato. I percorsi infatti non si sviluppavano dal mare alla montagna, come oggi, ma da montagna a montagna lungo i crinali. Era questa la strutturazione medievale e certo ancora più antica e chi come il sottoscritto ne è stato allievo ricorda la passione con cui Gianfranco Caniggia illustrava la genesi di queste strutture e il modo in cui tanto gli edifici continui che quelli specialistici si inserivano organicamente nei percorsi.
Il borgo di Gioiosa Guardia visse la tensione che ha contraddistinto tutto il medioevo italiano. Quella tra un potere clericale – qui rappresentato dal vicinissimo vescovado di Patti – e un potere laico dei feudatari Vinciguerra di cui Gioiosa Guardia era possedimento insieme a moltidssimi altri.
Ma nella continua stratificazione storica così comune a tanti paesi e città in Italia qui a Gioiosa Guardia arrivò una svolta imprevista. Alla fine del Settecento – come Casamento ha posto in evidenza – un atto pubblico concesse “lo spostamento” dal borgo romito a una nuova localizzazione sulla costa. Perché, è giusto chiedersi? L’antropologo Mollica declassa a poco più di leggende le varie ipotesi traumatiche (pestilenza, invasione di cavallette) e basa lo spostamento su un progressivo spopolamento della città ormai ridotta a soli 400 abitanti anche per situazioni divenute climaticamente sfavorevoli a cominciare dalla fine del Cinquecento – come ricorda Fasolo. Ma forse un ruolo ebbe anche la pressione a metà razionale a metà utilitaristica verso terreni di proprietà di tal Monsignor Pisani attorno la antica Grotta del Tono. In ogni caso, nell’Ottocento iniziò la costruzione della nuova città sulla costa, in particolare con l’edificazione di una serie di residenze delle famiglie dei potenti locali.
La classe dirigente di Gioiosa Marea ha dato prove nei due secoli e più della sua storia quanto meno altalenanti. Certo ci fu una breve fase illuminata in epoca giolittiana che fece sorgere un pregevole “soggiorno” urbano sul mare – denominato, alla francese, “il Canapè” – ma non furono assenti negligenze: la distruzione della Tonnara nella frazione di San Giorgio – che oggi sarebbe un tesoro storico e antropologico – lo sviluppo di una edificazione sciocca e indiscriminata, uno labile controllo sulla qualità degli interventi turistici spesso lasciati al gusto del geometra. Ma anche la stessa vicenda di Gioiosa Guardia a me pare inserita nello stesso quadro. Sembra incredibile pensare infatti come una città intera sia stata abbandonata, direi anzi ripudiata, dai suoi stessi abitanti, senza che i suoi notabili abbiano sviluppato interesse per la propria storia e per il suo mantenimento. Trattata come una scarpa rotta, quella che era una città oggi è solo un ammasso di pietre, per ricadere oggi nel novero delle “città fantasma”. Forse è un segno. La natura si riappropria con una rapidità stupefacente dei nostri artefatti come dei nostri stessi corpi, se non ci amiamo abbastanza. Rimane a segnalare il picco di informazione che fu da sempre Gioiosa Guardia, una serie di antenne di ripetitori televisivi proprio accanto alla torre, una triste nemesi.
Per approfondire
- * L’immagine di copertina (qui polarizzata) deriva dall’articolo di Rafael Garcia e Tudor Nicosevici cui rimandiamo per approfondimenti scientifici “Gioiosa Guardia: prime indagini per un progetto di valorizzazione e restauro attraverso metodologia HBIM“
- Rilevante fonte di approfondimento è Gioiosa Guardia l’Antiquarium e il sito archeologico, a cura di G. Tigano, P. Coppolino, MC. Martinelli, Rubettino, Catanzaro 2008
6 risposte su “Amare il passato per costruire il futuro ”
Non c ‘ero ma mi sarebbe piaciuto sentire per avere coltivato interesse sfociato nella “Senia del Brigantino” Ho salvato e rileggerò. SALUTI! INTANTO POTEVANO SALVARE I RESTI DELLA TONNARA A MARGINE DELLA Giusa. Potrei inviarti la concessione edilizia del 2016 rilasciata dalla SopriMe per la Casa-Museo
Eh si si una vera questione..
Verranno pubblicati gli atti del convegno?
Non so per la verità.
Ho seguito il convegno. Gli interventi sono stati piacevoli oltre l’interesse culturale e scientifico. Il tema dell”abbandono di quel territorio e della sua memoria, non si è esaurito, si registra più intenso. La poca partecipazione della comunità al convegno, i giovani soprattutto, ha dato il segno del distacco, conseguentemente della scarsa spinta politica che solo il desiderio di riappropriarsi del proprio passato da parte della comunità può dare. I giovani che studiano e perciò più sensibili, abbandonano quel territorio. Quelli che rimangono sembrano disinteressati. Penso sia opportuno stimolare la comunità esistente cosi come si presenta ed è composta, coinvolgere la scuola in tutti i gradi, dall’infanzia alla secondaria, prima che i giovani vadano via . Sarebbe interessante un secondo convegno, condotto scientificamente in modo più sociale e pubblicistico, da proiettare oltre i confini comunali, gestito dall’amministrazione nell’ambito di un giorno di festa dedicato alla Gioiosa del passato.
Grazie, credo che oltre ai Convegni – utilissimi intendiamoci bene – ci debbano essere anche azioni civili.