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Storia e Critica

J. Tyrwhitt: J. sta per Jacqueline

JacquelineTyrwhitt una personalità chiave e poco conosciuta nell’evoluzione dei CIAM nel Dopoguerra

J.L. Sert, J. Tyrwhitt ed E.N. Rogers: negli studi di storia dell’architettura del Novecento questi tre nomi si incontrano insieme, come curatori del libro Il cuore della città, edito dal Hoepli nel 1954. Il testo inaugura un cambio di passo fondamentale nelle vicende dei CIAM (Congressi Internazionali di Architettura Moderna) che porterà al salto dalla ‘Carta di Atene’ alla ‘Carta dell’Habitat’.

Copertina de Il cuore della città, edito dal Hoepli nel 1954

Ma, rispetto a Josep Lluis Sert e Ernesto Nathan Rogers, di  Tyrwhitt non sono in molti a ricordare il nome. Il nome è Jacqueline, e proprio questo nome salta agli occhi. Almeno così è stato per me, all’inizio banalmente perché era un nome femminile in un mondo, quello del secolo breve, che pare a volte abitato solo da uomini. Per questo sono andata alla ricerca di indizi su quella che ho poi compreso essere una figura fondamentale nella diffusione del pensiero sull’architettura e sull’urbanistica dalla seconda guerra mondiale in poi. Naturalmente non scrivo di lei, la ‘Signora dei CIAM’, soltanto per questioni di genere, ma perché personaggio cruciale del quale si sa troppo poco.

Jacqueline Tyrwhitt nasce a Pretoria nel 1924 ed è fra le prime otto donne ammesse a frequentare la Architectural Association a Londra. Il suo interesse principale, all’epoca, è quello per l’architettura del paesaggio. Dal 1936, con Leonard e Dorothy Elmhisrt, inizia a lavorare presso la Dartintogn Hall School. Il college, fondato una decina di anni prima, offre un metodo di insegnamento estremamente progressista. Le parole d’ordine sono: «no corporal punishment, indeed no punishment at all; no prefects; no uniforms; no Officers’ Training Corps; no segregation of the sexes; no compulsory games, compulsory religion or compulsory anything else, no more Latin, no more Greek; no competition; no jingoism» (M, Young, The Elmhirsts of Dartington, Routledge and Kegan Paul, Londra 1982, p. 131). Il progetto culturale della scuola è improntato alla multidisciplinarità: ecologia, arte, architettura, giustizia sociale.

Cities in evolution di Patrick Geddes,
pubblicato da Williams & Norgate nel 1915

Impegnata a insegnare nella splendida campagna del Devon, Tyrwhitt si ritrova a leggere un libro che la colpisce profondamente: Cities in evolution di Patrick Geddes, pubblicato daWilliams & Norgate nel 1915. Nel 1949 deciderà di curarne una nuova edizione rivista e abbreviata: Tyrwhitt taglia parti del testo e aggiunge degli estratti da una lezione che Geddes aveva tenuto alla New School nel 1923 per chiarire alcuni concetti di quel fondamentale disegno, la Valley Section, che descriveva le interazioni fra biogeografia, geomorfologia e sistemi antropici, per dimostrare che le naturali occupazioni dell’uomo corrispondono a geografie fisiche che rispettivamente determinano differenti modelli di insediamenti umani. Si stava cominciando ad  affrontare un approccio olistico e interdisciplinare che apriva ai temi dell’ecologia.

La teoria espressa nella Valley Section è decisiva nella diffusione di un pensiero alternativo a quello dominante nei CIAM: possiamo dire semplificando che Geddes (e Tyrwhitt con lui) insidia silenziosamente il predominio della visione urbanistica di Le Corbusier. E Geddes, dal CIAM 8, silenziosamente vince, ma lo vedremo in seguito.

Ora importa soffermarci un attimo su questa versione di Cities in evolution rivista e abbreviata, perché è questa la versione che si diffonde ovunque nel secondo dopoguerra e arriva nelle mani degli architetti che devono ricostruire le città. Giancarlo De Carlo si trova proprio questa versione fra le mani, e non conoscendo bene l’inglese chiede alla moglie Giuliana Baracco di trascriverla (Geddes rivisto da Jacqueline e tradotto da Giuliana, queste donne!).

Dopo la Dartintogn Hall School, Tyrwhitt ricompare nel 1937 come Director of Research and Studies alla School of Planning and Research for National Development della Architectural Association. Mentre molti colleghi sono al fronte, Tyrwhitt codifica il metodo geddesiano e lo divulga attraverso un corso per corrispondenza. Ingegneri, architetti, sociologi e altri professionisti sono educati sotto le bombe attraverso questo metodo, circa 2000 studenti in tutto. Si può quindi affermare con un alto grado di certezza che, negli anni della Ricostruzione in Inghilterra, i progettisti sono in larga parte allievi di Tyrwhitt, e le città rinascono sotto la chiara impronta del suo pensiero.

Poi cominciano i viaggi: in America, dove Tyrwhitt tiene varie lezioni sulla pianificazione urbana, e soprattutto in India. Di nuovo Tyrwhitt incontra il lavoro di Geddes e pubblica Patrick Geddes in India (Lund Humphries, Londra 1947), un sommario delle relazioni che il sociologo e urbanista scozzese aveva scritto sulle città indiane dal 1915 al 1917. Dal libro emergono due concetti chiave: quello di ‘bioregionalismo’, inteso come necessità di una rinnovata armonia fra uomo e ambiente, e quello di ‘chirurgia conservativa’ negli interventi sui centri urbani, così utile negli anni della Ricostruzione. L’Introduzione al libro è firmata da Lewis Mumford, convenzionalmente considerato il principale erede del pensiero geddesiano, ma ci stiamo accorgendo che il ruolo di Tyrwhitt è altrettanto importante.

Dal 1957 Tyrwhitt insegna all’Università di Toronto, ed è fra i fondatori del Ford Foundation Seminar on Culture and Communication con un gruppo di colleghi fra cui spicca il nome di Marshall McLuhan. I suoi anni di insegnamento terminano ad Harvard nel 1969 e dagli Stati Uniti Tyrwhitt si trasferisce in Grecia per lavorare al fianco di Konstantinos A. Doxiadis e collaborare alla rivista «Ekistics and the new habitat», pubblicata dal 1957.

Ekistics – Volume 52, Numero 314/315, 1985

Con grande coerenza, dal principio alla fine, dallo studio di Geddes fino alla collaborazione con Doxiadis, per Tyrwhitt è centrale lo studio delle interazioni fra insediamenti umani e ambiente per arrivare al miglioramento del benessere individuale e collettivo.

Come se tutto ciò non bastasse, l’aspetto che appare ancora più interessante è il ruolo chiave che Tyrwhitt esercita all’interno dei CIAM. Prima di tutto il CIAM 6 del 1947, ospitato dal gruppo MARS al Bridgewater art centre in Inghilterra. Giedion, nel report della riunione, scrive che la ricerca urbanistica è ora orientata verso la definizione di un ambiente fisico che soddisfi i bisogni materiali ed ‘emotivi’ dell’uomo (Sigfried Giedion, A decade of new architecture, Girsberger, Zurigo 1951, p. 6). Un bel cambio di prospettiva rispetto alla ripetizione ossessiva dei quattro dogmi ‘abitare, lavorare, divertirsi e spostarsi’, che lasciano immaginare gli abitanti delle città come tanti automi trasportati ritmicamente da una attività all’altra – vedi il protagonista del video Una lezione di urbanistica presentato da Giancarlo De Carlo e Billa Pedroni Zanuso alla Triennale del 1954 (https://www.youtube.com/watch?v=DM_tKBmWCZo) -. Dal CIAM 6 in poi inizia la stretta collaborazione fra Tyrwhitt e Giedion, lei traduce, corregge ed edita molti dei suoi testi.

Nel 1951, per il CIAM 8 ad Hoddeson sempre in Inghilterra, Presidente è Josep Lluis Sert e Tyrwhitt è Segretaria del Consiglio Direttivo. È lei che organizza, prende appunti, trascrive e quindi interpreta ciò che viene detto. Il CIAM 8 è cruciale: il tema è ‘the heart of the city’, e il ‘cuore’ è inteso come una sorta di quinta funzione nella città oltre alla quaterna ‘abitazione, lavoro, mobilità e ricreazione’, uno spazio pulsante nel quale può avere luogo l’interazione fra progettazione architettonica e urbana, necessità sociali e desideri. Il ‘cuore’ è espressione dello spirito della comunità, luogo della crescita spirituale dell’individuo per procedere da un’attitudine passiva alla  cittadinanza attiva.

È proprio Tyrwhitt a suggerire di utilizzare la parola ‘heart’ al posto del termine ‘core’ che era stato inizialmente adottato, arricchendo il concetto di significati attinenti al mondo dei sensi e delle emozioni.

Ed eccoci tornati all’inizio, al libro di Sert, Tyrwhitt e Rogers, Il cuore della città, sottotitolo: per una vita più umana della comunità. Sfogliandolo si susseguono una serie di bellissime fotografie di ‘cuori’ urbani, molti dei quali di città italiane. Nelle foto compare sempre la gente, gli spazi sono in rapporto ai corpi che li abitano e che vi si muovono.

Se non si fosse passati per il concetto di ‘cuore’ probabilmente non si sarebbe arrivati a quello di ‘habitat’ e alla conseguente critica della progettazione urbanistica dello zoning e delle aree funzionali.

La griglia di Le Corbusier, utilizzata fino ad allora per studiare i fenomeni urbani, viene soppiantata da un altro schema di rappresentazione: proprio la Valley Section ridisegnata da Alison e Peter Smithson. Architettura e urbanistica devono tessere un sistema di infinite relazioni con l’ambiente nel quale intervengono, ambiente inteso tanto in termini fisici che culturali ed emozionali.

Durante il CIAM 8, Le Corbusier regala a Tyrwhitt uno schizzo con dietro una dedica nella quale la chiama perle de vertus cardinales, virtù rare di indipendenza, coraggio, intraprendenza, sensibilità, capacità di partecipare senza egocentrismo e di sottilmente indirizzare (qualità tutta femminile) il pensiero sulla città verso tendenze ancora attuali, puntando lo sguardo su nuovi temi che oggi, in maniera sbrigativa e abusata, si accludono sotto il grande ombrello del labile concetto di sostenibilità.

Approfondimenti:

  • Ellen Shoshkes, “Jaqueline Tyrwhitt: A Transnational Life in Urban Planning and Design”. Ashgate, Londra 2013
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