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Il ‘particulare’ di La Maddalena

Nel febbraio 2009, senza ancora potere sapere cosa sarebbe successo dopo il terremoto di L’Aquila, Boeri scriveva del progetto di La Maddalena soffermandosi sui significati legati alla scelta di quel luogo specifico quale sede del G8.
Forse preveggente, citava Francesco Crispi ricordando la sua partecipazione ai funerali di Giuseppe Garibaldi. Preveggente poiché, come sappiamo, Crispi fu pienamente coinvolto nello scandalo del fallimento della Banca Romana -1893- e pienamente assolto con tutti gli altri coimputati.
Si sa: la politica italiana è come il mago Forrest, che fa sparire le cose e, nel contempo, fa anche ridere. Ma è uno spettacolo divertente solo per pochi, per quelli che si spartiscono le ruberie. Fondamentale distinguo: il potere è sì necessario, ma non lo è il rubare. Secondo distinguo: gli architetti politicamente impegnati hanno sì relazioni vantaggiose, ma ciò non significa che siano ladri.
Quello di Stefano Boeri e “La Maddalena” sta diventando un caso senza alcun senso, una caccia ai fantasmi inutile e, per certi versi, paradossale, ma che rappresenta benissimo lo stato culturale dell’architettura in Italia, assolutamente passivo di fronte alla consapevolezza di quanto la politica sia influente nel gestire il proprio potere e, contestualmente, asservendo a sé chiunque si trovi a lavorarvi fianco a fianco.
Durante l’incontro svoltosi al palazzo della Triennale di Milano, l’incipit di Boeri è stato eloquente: “Il fatto che il progetto architettonico sia stato realizzato e sia lì, pronto all’uso, rischia di fare dimenticare ciò che è successo“. Il riferimento è -chiaramente- alle vicende giudiziarie legate agli appalti, storia tristemente nota a tutti noi. E la tristezza non sta tanto nel constatare che i ladroni non finiscono tutti necessariamente in croce, bensì nel prendere atto che la croce dei loro furti la dobbiamo portare noi contribuenti.
Dunque, Boeri spiana la strada alla questione fondamentale, ovvero il rapporto politica-architettura, un rapporto che lo stesso Boeri, per quanto lo riguarda, non ha alcuna intenzione di rinnegare. E’ certamente una presa di posizione coraggiosa e coerente ma che non può fermarsi alle sole parole: “L’architettura è un modo di fare politica“, dice Boeri, e ciò è certamente innegabile se si ponesse la cosa in modo più articolato, ovvero: “l’impegno civile in architettura la configura quale un modo di fare politica”. Infatti ciò che sembra anacronistico è il credere che la politica corrotta e sprecona sia un male solo contemporaneo. Qui entra in gioco la “memoria”, quella che esula da qualsiasi risvolto filosofico concettuale sull’opera di architettura e si sposta sui binari del puro fare quotidiano. Ed allora, ecco che, girovagando con la memoria per la penisola, ci si ripresentano le immagini del Teatro Popolare di Sciacca e della Stazione San Cristoforo a Milano: una linea orizzontale che congiunge sud e nord e le unisce (almeno in questo) nell’essere uguali sotto certi punti di vista.
Samonà a Sciacca e Aldo Rossi a Milano, ovvero due figure di alta professionalità e altissimo profilo culturale, entrambi certamente impegnati politicamente. Eppure, chi si metterebbe la toga per imputare a Samonà e a Rossi il fatto che le opere suddette sono lì, veri e propri ruderi contemporanei?
Prestinenza incalza Boeri snocciolandone i vari impegni professionali e culturali (architetto, professore universitario, direttore di Abitare, etc.) così da metterne in risalto la figura di alta qualifica a 360° e ponendogli l’interrogativo sulla consapevolezza o meno del ruolo e del peso che egli esercita quale riferimento per gli altri professionisti. Ruolo che, per certi versi, gli imponeva di non potere non sapere delle porcherie sottotraccia che accadevano alla Maddalena. Chiaro, Prestinenza esercita il ruolo di critico e, dunque, invitato alla conferenza, non può esimersi dal mettere sul piatto tutte le tematiche che possano condurre ad un’analisi quantomeno lineare di ciò che è successo. E’ però sbagliato il tema: non si tratta di capire se l’architetto sapeva, bensì di accertarsi su cosa sapeva.
In sintesi, e per non girarci attorno: Boeri è corrotto e/o complice silente?
Il tema deve andare oltre il semplice sospetto e pettegolezzo.
Boeri è impegnato politicamente e ha rapporti con le alte sfere governative. Boeri non è mai stato intercettato a parlare di intrallazzi vari. Boeri non ha deciso lo spostamento del G8 all’Aquila. Boeri ha accettato la chiamata di Soru e Prodi così come un architetto di centrodestra avrebbe accettato la chiamata di Berlusconi e Cappellacci.
Samonà accettò l’incarico che Calogero Mannino gli fece avere per il Teatro Popolare di Sciacca. Eravamo a metà degli anni ’70 del XX secolo, Mannino era democristiano e Samonà no, anzi. Dunque, come si evince, il colore politico “non olet“.
Samonà non fece altro che il proprio lavoro di progettista, dopo di che la realizzazione passò direttamente in mano alla Regione Siciliana, e fu lì che scattarono incarichi professionali nettamente ascrivibili alla DC, iniziando dalla Direzione dei Lavori.
Dunque, Sciacca un po’ come La Maddalena, dove Boeri non ha avuto il controllo totale delle opere. Certo, questo lo sapeva e lo ha accettato ma non credo si possa configurare quale illecito …
Luigi Prestinenza pone la questione sotto un altro aspetto, ovvero: “Una riflessione, di disarmante semplicità, ma che ho avuto chiara solo mentre, dopo l’incontro di Milano, tornavo in treno a Roma e’ questa: se il professionista, anche se ha mani pulite, si presta ai giochi della politica accadrà che la politica gli imporrà i giochi che vuole lei. In ogni caso per ricattarlo lo collocherà in una posizione residuale e subordinata del processo, dalla quale sarà sempre costretto a difendersi per non essere messo definitivamente da parte. Ciò può avvenire, come e’ accaduto con La Maddalena, rendendo il progettista soggetto a un’impresa della quale non sarà mai in grado di indirizzarne in qualche modo le scelte. Ovviamente se il progettista accetta questa formula “sotto schiaffo”, non può poi lamentarsene in sede critica perché risulterebbe poco credibile agli occhi di coloro che sono stati esclusi anche da questa situazione di parziale beneficio. Pensare di accettare di essere contemporaneamente il progettista che subisce da una posizione residuale il processo edilizio e il critico che da una posizione intellettuale e etica lo rifiuta e’ nei casi migliori, come non dubitiamo che sia quello di Boeri, ingenua illusione, e nei peggiori sordida stoltezza.”
In sintesi, se la si considera nel complesso dei ruoli che ricopre (architetto + professore + critico/direttore di rivista) la posizione di Boeri, nonostante la sua onestà materiale, sembra senza via d’uscita rispetto la sua onestà intellettuale. E’ un’accusa certamente molto forte, centrale, poiché riguarda l’aspetto base del fare architettura, ovvero “l’impegno civile” che ciascuno di noi dovrebbe profondere in qualsivoglia incarico.
Dunque, la domanda intorno alla quale tutto ruota dovrebbe essere: oggi come oggi, gli architetti hanno coscienza di cosa sia l’impegno civile? E se sì, come dovremmo relazionarci con la politica che tutto ordisce e gestisce? Da par mio, credo infatti che gli illeciti li pianifica chi ha il potere di farlo, chi ha quel potere decisionale che dovrebbe usare per beneficiare la collettività ma che invece usa per soddisfare il proprio “particulare”.
Guicciardini aveva capito tutto. Il singolo individuo non può modificare il corso degli eventi e, di conseguenza, non è possibile seguire regole razionali poiché si debbono fare i conti con una realtà sempre soggetta ad imprevedibilità che, agendo sugli schemi rigidi, li sconvolge. In sintesi, la realtà degli accadimenti non può essere ingabbiata in regole e schemi poiché sempre cangiante. Ovvio: la realtà sempre in mutamento è frutto dell’azione degli uomini e del loro “particulare”, ovvero del tornaconto personale.
Tornando a Boeri, è possibile rintracciare il suo “particulare” nel “caso La Maddalena”? Indubbio, e lo si rintraccia nel prestigio dell’incarico. Essere l’architetto del G8 non è cosa da poco e nessuno avrebbe rifiutato ante litteram (forse meglio dire ante intercettazioni …) la chiamata da parte degli amministratori.
Le chiama, Boeri, “manie di grandezza” e ad esse imputa la sua unica colpa. Bene, ma avere manie di grandezza non significa necessariamente farsi carico dei ladrocini altrui e, per quanto Prestinenza calchi la mano dichiarando che, ancora prima dell’avvenuto incarico la vox populi gridava dello stesso a Boeri, ciò esula dal fatto prettamente architettonico.
A questo punto non so chi sia più ingenuo: Boeri, che accetta incarichi a scatola chiusa, o Prestinenza, che non riesce a scindere l’ambizione personale di Boeri (peraltro confessata) dalla indubbia voglia di essere anche un propulsore culturale.
Si torna sempre allo stesso punto: può un architetto operativo essere un critico?
La strada per una vera battaglia contro la corruzione e contro l’uso -da parte dei costruttori e dei politici- del culo degli architetti per fare i finocchi sta nella forza d’unione tra gli architetti, ovviamente non nel senso di “cartello” quale, ad esempio, tutto ciò che è stato costruito da Casamonti e dintorni…:si pensi solo che i 5+1 AA, pur pienamente coinvolti nelle intercettazioni fatte a Casamonti, continuano ad avere incarichi certamente legati alle amministrazioni pubbliche. A parte la qualità davvero standard della loro architettura -definita da antiTHeSi “pre moderna” durante un incontro a Riesi nel 2005- ciò che più appare senza senso è che, oggi come oggi, la fama internazionale non si raggiunge più per prestigio etico culturale ma esclusivamente per quantità di opere progettate e/o costruite. Tanto basta per delineare quanto povero sia il substrato culturale della progettazione di gran parte della “nuova generazione” italiana.
L’unico modo per dare valore a tutto questo pasticcio è certamente quello di mettere in funzione gli edifici realizzati affinché siano volano per La Maddalena, dando continuità al vero motivo per cui -durando il summit solo 3 giorni- sono state pianificate e costruite. E, finalmente !, parlare di architettura, di ciò che Boeri voleva trasmettere con il progetto, di ciò che il progetto dice rispetto i concetti del progettista rispetto la sua idea di paesaggistica contemporanea, se dice bene o male, se è alta architettura o surrogato koolhaassiano, se, se, se…
Se, per davvero, l’Italia può annoverare una nuova generazione di maestri oppure di manieristi internazionali.

(Paolo G.L. Ferrara – 23/3/2010)

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