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Storia e Critica

Il coccodrillo come fa…? la politica lo sa

Il crollo di un edificio a Favara (AG), avvenuto sabato scorso, può essere ricondotto a quanto affermava Leonardo Sciascia prendendo a prestito la descrizione che Flaubert fa del berretto di Charles Bovary: “molte cose sono complicate nel senso della stupidità. Ci si arrovella tanto sul pensiero di certi uomini politici. Ad un certo punto bisognerebbe fare la semplicistica operazione di dire che non pensano.”
Infatti.
A Favara crolla una palazzina assolutamente fatiscente, muoiono due bambine e -così vuole il solito, ipocrita iter- rinasce la solidarietà che il momento impone. Ovviamente si parla di solidarietà che arriva dal mondo politico, sempre in prima linea allorquando c’è da fare dichiarazioni che hanno lo scopo di schernirsi di fronte a tali sciagure.
Luigi Gentile, assessore regionale alle Infrastrutture e alla Mobilità, ha dichiarato: “L’incidente di Favara rilancia drammaticamente l’emergenza sicurezza e della stabilità nel territorio siciliano, già a dura prova nei mesi scorsi. Abbiamo subito avviato un concreto contatto con l’amministrazione comunale di Favara, la provincia, la protezione civile e la prefettura agrigentina. Il nostro obiettivo è sostenere un programma, anche eventualmente attraverso un tavolo di concertazione, di censimento delle unità abitative più a rischio per promuovere un’opera progettuale capace di assicurare con adeguate risorse il recupero dello stato di sicurezza del nostro territorio, scongiurando che si verifichino altri episodi del genere”.
Riconnettiamo il pensiero di Sciascia alle dichiarazioni di Gentile: “Ad un certo punto bisognerebbe fare la semplicistica operazione di dire che non pensano.”
Il punto è: ma quando è che i politici “non pensano”? O meglio: quando vanno in giro a battere tutte le città, i paesi e i paesini per fare i comizi pre-elettorali, pensano e riflettono su quello che vedono? Se ne rendono conto?
Certo che lo vedono! Chiunque giri per la Sicilia si rende conto dell’assoluta fatiscenza di gran parte dei centri antichi, soprattutto di quelli dei piccoli paesi ove lo svuotamento residenziale degli edifici antichi non è stato sostituito da nuove funzioni che avrebbero necessitato del risanamento architettonico/strutturale. Lo ammettono indirettamente proprio loro, tant’è che il Sindaco di Favara trova conforto nelle parole dei molti politici che si sono fiondati sul luogo della tragedia: “E’ facile sparare sul sindaco, sembra quasi che il disastro lo abbia creato io. Ma posso assicurare che questa tragedia poteva capitare in un altro quartiere di Favara così come in un altro centro storico della Sicilia. Me l’hanno confermato ieri anche gli assessori regionali venuti sul luogo della tragedia tra cui il vicepresidente della Regione Michele Cimino. Tutti mi hanno detto che i centri storici sono nelle identiche condizioni. Ecco perché dico che questa tragedia poteva capitare qui come altrove. Perché, invece, non si parla della mancanza di risorse perfino per i controlli più elementari sugli edifici degradati? Perché non si parla del proprietario della palazzina crollata? Io mi espongo in prima persona come sindaco, ma è anche vero che il proprietario affittando la casa alla famiglia Bellavia li ha esposti a questo rischio. E la stessa famiglia sapeva di vivere in una casa così fragile”.
Bene, prendiamone atto: questa tragedia poteva capitare in qualsiasi centro storico della Sicilia, luoghi che sono nelle stesse identiche condizioni (di degrado). Peccato che se ne debba prendere atto sulla pelle di due bambine che della politica non sapevano neanche l’esistenza. Ciò che risulta davvero incredibile è come non ci sia mai una volta in cui i politici si assumano le colpe rispetto il ruolo che hanno nella gestione della cosa pubblica. Mai!
L’assessore Gentile ascrive la tragedia di Favara ad “incidente”, commettendo un inconsapevole atto di autoaccusa. Infatti, come sappiamo, l’etimologia di “incidente” è chiara: deriva dal latino “incidentem”, participio presente di “incidere”, ovvero “accadere, sopravvenire”, ad indicare che l’incidente interrompe il regolare procedere di un’azione.
Il più è comprendere quale regolare procedere di un’azione sia stato interrotto. Vediamo.
La fatiscenza dei centri antichi e il dissesto del territorio possono essere considerati fatti che derivano dal regolare procedere di un’azione, ad esempio l’inesorabile passare del tempo (per i centri antichi) e l’altrettanto inesorabile sviluppo urbano legato alle esigenze contemporanee (per il territorio)? Direi di no e, anche a volerlo disturbare, neanche Cicerone riuscirebbe a convincerci che nel caso di Favara l’interruzione del regolare procedere di un’azione possa essere ascritto alle motivazioni di cui sopra. Piuttosto, Cicerone lo si può disturbare richiamando le sue Verrine di 2080 anni fa, ove è messo fortemente in discussione l’operato di Verre, pretore della Sicila (ma guarda un po’ che caso…!). Non me ne voglia l’assessore Gentile ma mi sento di dire che -anche nel caso di Favara- l’interruzione del regolare procedere di un’azione è riferibile esclusivamente a quell’azione di assoluta noncuranza e menefreghismo della classe politica siciliana che si perpetua da sempre. E’ in questi termini che la tragedia di Favara si può sì considerare un incidente di percorso alla suddetta azione di noncuranza e menefreghismo, che metterà un po’ di agitazione all’interno delle compromissioni politiche della gestione del territorio siciliano ma che, con qualche fittizia polemica e superato il momento del lutto, riprenderà con l’andazzo di sempre.
Attenzione, stiamo parlando di quella stessa politica che elargisce licenze di costruzione ex novo che vanno a creare ulteriori scempi poiché trattasi di edifici senza alcuna qualità architettonica: restando nella provincia di cui fa parte Favara, il quartiere Fontanelle di Agrigento ne è dimostrazione.
Agrigento, dunque, l’Agrigento della frana del 1966, con 5000 sfollati e Mario Alicata che -nell’ormai famosissimo suo intervento in Parlamento- si scaglia contro gli speculatori appoggiati dalla moralmente fatiscente classe politica agrigentina, messa sotto accusa anche da Michele Martuscielli che, coadiuvato da Astengo, guidò la commissione d’inchiesta istituita dal Governo concludendo che “…gli uomini, in Agrigento, hanno errato, fortemente e pervicacemente,sotto il profilo della condotta amministrativa e delle prestazioni tecniche, nella veste di responsabili della cosa pubblica e come privati operatori. Il danno di questa condotta, intessuta di colpe coscientemente volute, di atti di prevaricazione compiuti e subiti, di arrogante esercizio del potere discrezionale, di spregio della condotta democratica, è incalcolabile per la città di Agrigento. Enorme nella sua stessa consistenza fisica e ben difficilmente valutabile in termini economici, diventa incommensurabile sotto l´aspetto sociale, civile ed umano».
Stiamo parlando di un evento di 44 anni fa, figlio della selvaggia speculazione direttamente avallata dalla politica. Si pensi che la legge 765/67 (Legge Ponte) nacque velocemente proprio a seguito della frana di Agrigento ma che un emendamento del Partito Liberale Italiano ne fece rimandare l’entrata in vigore di un anno (agosto 1967-agosto 1968). Bene, durante quel lasso temporale in Italia furono approvate licenze edilizie per più di 8 milioni di vani, ovvero quasi il triplo della media annuale (lo stabilì una indagine ministeriale).
L’edilizia è sempre stata la panacea di tutti i mali ai quali la politica si è sempre affidata, mali quali la disoccupazione che in Sicilia va a braccetto con la mafia. Ad Agrigento la frana scoperchiò il problema: nel dicembre del 1966 vi fu un’imponente manifestazione sindacale che protestava la crisi del settore edilizio e la conseguente disoccupazione, avversando la Legge 749/66 sui vincoli ambientali. In sintesi, la assoluta mancanza di settori economici di sviluppo che non fossero l’edilizia speculativa aveva messo in crisi un’intera città e il suo circondario. A cosa aggrapparsi se non al mattone? Traslando il “panem et circenses” da Roma Antica ad Agrigento (ed a tutta la Sicilia), la politica ha reso contemporaneo il concetto: ti do da lavorare così non hai nessun motivo d’impicciarti di ciò che faccio. Nel frattempo, grazie al tuo lavoro, io mi arricchisco e mi diverto.
Per puro dovere di cronaca, si riporta che per la magistratura la frana di Agrigento non ebbe colpevoli: tutti gli indagati vennero assolti con formula piena nel 1974. A Favara gli alloggi IACP erano pronti da anni ma non sono mai stati assegnati. S’inizi ad indagare sul perché di tale mancanza da parte degli organi preposti e si metta sotto inchiesta chi avrebbe dovuto vigilare sugli stessi affinché non venissero distrutti dai vandali.
Il ministro Angelino Alfano è di Agrigento. Arrivato immediatamente a Favara, ha dichiarato: “Sono andato a dire loro che gli saremo accanto e che il Governo non dimenticherà questo dramma. Gli saremo vicini non solo oggi, nel momento del lutto, ma anche nei giorni a venire. La magistratura dovrà andare avanti accertando tutte le responsabilità commissive e omissive. Quello che è successo è un dramma nel dramma, perché a quello di due bambine morte si aggiunge il dramma della povertà. A Favara non è successo un terremoto che ha devastato una intera città, ma è caduta una casa di povera gente che quotidianamente cerca di guadagnarsi da vivere”.
Alfano non ha certo colpe dirette, così come non ne hanno Gentile o il sindaco di Favara poiché la situazione del degrado (non solo edilizio…) siciliano è atavica. Quel che però non va bene è la conferma all’assoluto abbandono che la Sicilia vive da sempre, identificabile nella parte finale delle parole del Ministro: il cercare quotidianamente di guadagnarsi da vivere è, infatti, eloquente.
La foto del Ministro Alfano che pubblichiamo (tratta da www.agrigentonotizie.it) è stata scattata all’uscita dell’Ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento, ove il Ministro ha fatto visita ai sopravvissuti al crollo di Favara.
C’è molta ironia in questa foto poiché l’Ospedale di Agrigento è stato dichiarato a rischio sismico lo scorso 28 luglio 2009, causa problemi strutturali derivanti dall’impiego di materiali non adatti allo scopo. L’ordinanza di sgombero prevedeva 30 giorni ma, un mese dopo, vi fu una proroga di 60 giorni che fissava la scadenza entro il 24 ottobre 2009.
Così il ministro della Giustizia Angelino Alfano: “Questa proroga consentirà di continuare a lavorare con maggiore serenità, in piena sinergia con la Protezione civile, il Governo nazionale e la magistratura, affinché si possa garantire al la collettività agrigentina la piena sicurezza di tutte le strutture ospedaliere e il mantenimento dei servizi sanitari essenziali per l’utenza del San Giovanni Di Dio».
Ok, lavoriamo pure con serenità, tanto -si sa- essendo evento naturale di un certo rispetto ed educazione, i terremoti avvisano sempre prima del loro arrivo, una volta lo facevano con lettere o telegrammi, oggi con l’ e-mail….
C’è una famosa canzone per bambini il cui testo dice:
Come fa il cane? Bau Bau!
E il gatto? Miao!
L’asinello? Hi! Ho!
La mucca? Muu!
La rana? Cra cra!
La pecora? Beee!
E il coccodrillo? E il coccodrillo? Boh!
Il coccodrillo come fa,
non c’è nessuno che lo sa.
Guardo sui giornali,
non c’è scritto niente:
sembra che il problema non importi alla gente.
Ma se per caso al mondo c’è qualcuno che lo sa,
la mia domanda è ancora questa qua….
Il coccodrillo come fa…


Il coccodrillo come fa? Solitamente piange, dopo.
La Sicilia va a pezzi ma sta per approvare il “Piano casa”.
Il coccodrillo come fa….

N.B. L’immagine della Sicilia/coccodrillo è tratta da una vignetta di Forattini.

(Paolo G.L. Ferrara – 25/1/2010)

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