Mi trovo piacevolmente a recensire un secondo, dei preziosi volumi editi dalla biblioteca del cenide, voluto dalla vulkanica energia di Domenico Cogliandro.
Dire che Ugo Rosa scrive bene è cosa nota, piacevole da leggere, ironico e pieno di sorprese, lo si conosce già.
Lo si conosce già, attraverso la sua rubrica, in Lanterna Magica all’indirizzo web di Arch’it, dove ci porta a spasso con sapiente garbo e vero stile letterario, al corntrario dell’arkitettese, e sempre ne inventa una più del diavolo per arpionare il lettore in un gioco geometrico che strada facendo ne scopre poi l’arabesco, ma non solo, Ugo sta cucendo un’altra storia nelle storie, un tracciato non ancora visibile ma ben percepibile… il rovesciamento o triangolazioni del vedere.
Il suo procedere nelle scritture mi rimanda a Ruggero Pierantoni, scienziato di sconfinamenti, ma anche a tecniche tipo Pontiggia come sui registri de “l’isola volante” e “i contemporanei del futuro”…
Dico & scrivo questo, perchè Ugo Rosa intriga veramente come ci riesce in questo volumetto su Luis Kahn, un saggio di rara bellezza che trama su aspetti circostanziati e nuovi.
Come ben dice, tra le pieghe ormai nulla è sconosciuto,… dopo monografie, una pagina segue l’altra, poi un film, … il figlio illegittimo (My Architect Il viaggio di un figlio Nathaniel Kahn )
Questo libro senza partigianeria, ma con estrema lucidità ricompone un L.K. nella sua dimensione iperboreo ipoebreo si declinano così i capitoli
– Good bye mister Chips
– Rigor mortis
– Nomina et domina
– Locus Solus
– Unhelmlichkeit
– Ghost of birth, Spirit of end
– Economia domestica
– Nessuno
– Rovine
– Ludus solus
– La scomparsa dell’uomo ombra
– Origami. Le feste dei poveri sono fatte di carta
– pensieri d’architettura (da una conferenza di LK tenuta al PoliMi nel gennaio 1967)
Il libro è meglio leggerlo che spiegarlo, perché è un gioco a rebus con incastri, esplosioni letterarie, ghirigori, gimcane di pensieri, accerchiamenti disciplinari… un po’ come in Seta di Baricco la storia rimane sul fondo e ne emerge la materia, il tessuto, la finezza del disegno tanto da sentire, da ricordare…
Ricordo un giorno fiorentino dei primissimi anni settanta… nel palazzo spadolixcongressi … uno sparuto pubblico e tra i presenti… Cresti, koenig e Dezzi… molto agitati, fibrillanti… eccitati da “un maestro in un giorno”…
Poi mormorio… si aprì la porta dei conferenzieri… e da lì uscirono due persone.
– Eccolo !, qualcuno esclamò… era lui Louis accompagnato e preceduto da un traduttore dalle sembianze alla Celant, forse era proprio lui… grosso in pelle come un centauro sormontava quel ometto.
Quel ometto vestito di nero con un fiocco da texano con capelli bianco stoppa ed il naso da Mastrociliegia… iniziò a fabulare mentre disegnava, sulla grande lavagna, contemporaneamente a due mani… nella sala si levavano spire invisibili emanate dalla roteazione delle braccia… quella forza naturale e magnetica incatenava alle poltroncine … come cinture di sicurezza per un viaggio spaziale intorno alle ragioni poetiche del muro… che a suo dire ha anche una voce… per chi non lo sa!
A distanza, ora vedo come il Quaroni e il primo Purini (tesi di laurea), per non dire – ma diciamolo – la parentesi figurativa italiana anni sessanta (sempre romana o per lì), fecero proprio quel linguaggio fatto di piani e occhi (vedi anche i gruppi Lenci e CDME – STRASS e GRAU…) E’ la forza del disegno, lo schizzo, che precede ogni programma che diviene nelle mani di Louis la prima mossa per intravedere la morfologia e la dimensione (riscoperta da Lotus n. 68) questo inseguimento della figura, più di ogni altra cosa e in prima istanza questo indagare sull’immaginario per rendere ed ottenere figure stabili, autonome, con aspirazioni ad essere forme “antiche” e senza tempo…(e su questo tema Ugo ci sfruguglia non poco…), è un modo di lavorare più sui modelli che sul tipo. Infatti il suo schema teorico 8deducibile da pag 24 del saggio di Christian Norberg Schulz “il pensiero di L.I.K.” ) si può sì rivisitare un percorso similare a quello di Heidegger… ma la complessa articolazione di Louis fa emergere la centralità del percorso come mondo ” stimmung”, stati d’animo, spazialità, carattere, identificazione , opera di architettura luogo, mentre ordine tipologia e topologia etc… sono laterali… quasi elementi serventi (forse qui il punto per Ugo” del meglio sul grande che sul piccolo…”).
E’ l’idea di un percorso, credo più lineare di quanto si possa credere…
Ricordo che mi aveva colpito questa sua maniera lenta e suadente di raccontare le cose avvalendosi del gesso sulla lavagna , schizzando rapidamente ogni figura, segnando con geroglifici essenziali del discorso…
Mi aveva colpito, quel giorno, anche quel suo procedere da zero, rifondando ogni volta un percorso narrante di metafore e simboli…
– Massone!!! grida qualcuno
Da studente ero corso ad informarmi e mi capitò quei testi…
disponibili allora, e poi via così…
Insomma emergeva un potenziale maestro poco conosciuto, a lato della scena statunitense rimarcato da figure come Johansen(arch pop), Rudolph, Fuller e Wachsmann, Johnson… poi Pei e altri emergenti Venturi, Moore e Giurgola suo allievo…
Questo suo modo di porsi con la storia, dal punto di vista del presente e spingerlo al futuro… lo poneva lontano dalla “modernità di moda” .
La logica formale e l’intuizione sono i veicoli propri dove scorre il rappresentarsi del luogo.
La fondazione del luogo (“il potere di anticipare”)… appare chiaramente nei disegni per il Centro di Philadelphia, erroneamente contrabbandati tra le utopie visionarie e illustrative… da qualche fautore dell’architettura disegnata…
l’architettura di Kahn ha un linguaggio sottile… emerge sempre l’apparente monumentalità…
tanto da ricordare lo scherzo di Bona e Raggi fecero a Koenig – allora vice direttore di Casabella – contrabbandando per un attimo (e per scherzo) un colossale stadio di speer per un Kahn inedito…
ricordo quel giorno che Louis si era soffermato sulle sue opere, sulla nuova città in India
ricordo quel giorno che quell’omino vestito di nero ci salutava sotto gli applausi
ricordo quel giorno
come altri
ricordo
Credo che queste righe bastino per dare presenza al libro
un libro che nelle ultime pagine bianche delle annotazioni
andrebbero scritti i ringraziamenti estesi ( come in Questa storia di Baricco o altrettanti racconti come i Sessanta di Buzzati) e rispedire il libro sia all’editore e all’autore e ricomprarlo.
Cosa dire ancora del fascino di queste pagine
(da premio letterario… un libro per la giuria…che qualcuno glielo dica, perdio!)
alla fine del libro c’è un Louis Rosa & Ugo Kahn
proprio come Marcello Panzarella nei suoi straordinari seminari della nuova scuola di Palermo
propone un U.R. + L.K.
Ugo Rosa
Louis Kahn. Iperboreo Ipoebreo
Biblioteca del Cenide
gennaio 2005 pp. 92,e ill.
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(Brunetto De Batté – 11/2/2006)