Questa breve introduzione vuole porre due domande. La prima è “quando?” la seconda “per chi?”
Con la prima domanda intendo dire “quando” Eisenman ha, veramente, scritto il suo libro “Giuseppe Terragni: trasformazioni, scomposizioni, critiche”, di cui oggi, alla sua presenza di ritorno da Berlino dove è prossima l’apertura del suo monumento all’Olocausto, festeggiamo l’edizione italiana. Lo ha scritto ai tempi del suo primo viaggio in Italia con Colin Rowe nel 1961? Lo ha scritto quando è tornato a Como a studiare l’archivio nella soffitta di Corso Indipendenza ed è ripartito dopo una intera estate di lavoro con una volkswagen bianca carica di cianografie e, qualche schizzo?
Oppure lo ha scritto, il suo libro su Terragni, ai tempi della sua dissertazione dottorale a Cambridge “A formal basis of modern architecture”? Oppure lo ha scritto, il suo libro di Terragni, quando ha iniziato una serie di ricerche Graham Foundation sulle opere con la pubblicazione in “Perspecta” e “Casabella” ai primi anni Settanta dei suoi famosi articoli sulla Casa del Fascio e la Giuliani Frigerio? O lo ha scritto ai tempi di “Oppositions”, dell’Institute for architecture and urban studies e del suo rapporto tormentato con Manfredo Tafuri, il cui testo “Il Soggetto e la Maschera” era … l’introduzione del libro che Eisenman per trent’anni ha continuamente posticipato?
Come alcuni sanno, ho scritto un libro su Terragni e, dopo, un libro su Eisenman. In questo libro spiego in un paragrafo che si chiama “Peter Terragni” che Eisenman ha scritto il suo libro su Terragni nel 1969 con la House II, che è un’opera critica di grande acutezza saggistica su Terragni. Eisenman capisce alcune modalità progettuali di Terragni e le porta avanti ineditamente. Quindi la risposta alla domanda “quando”, è nel 1969 con la sua Casa II.
D’altronde Eisenman “non è” e non vuole essere un intellettuale, ma un architetto come ha ribadito in tutte le sue recenti visite italiane. “Fatemi fare un autogrill” è stata la sua risposta al Leone D’oro a Venezia. “Non sono un intellettuale” mi ha risposto a Roma in occasione della laurea honoris causa.
Questo libro è dunque il libro di un architetto su un architetto. E questo risponde implicitamente alla seconda domanda. Cioè il “per chi?”. Alcuni fanno i libri pensando continuamente ai lettori. Sono i lettori i veri oggetti del desiderio di chi scrive, ma altri fanno i libri per tutt’altre ragioni, altrettanto plausibili. Ecco: alla domanda “per chi?”, non vi illudiate che questo libro sia fatto per voi. Il libro è di un architetto su un altro architetto ed è un libro ostico, antipatico, duro. Il referente di Eisenman non siamo noi, non è neanche l’architettura intesa nel suo ambito generale, nel suo costante intreccio di piani, di sguardi, di sorprese e di ricchezze.
Il libro di Eisenman è fatto per misurarsi con un ambito più grande e ambizioso che è appunto la Storia, il modo stesso di fare i libri. Ma il successo e la vita di questa operazione saranno solo gli anni e il tempo a dirlo.
(Antonino Saggio – 14/12/2004)