Clima mite in Italia. Le nuvole si stanno diradando e la giovane architettura inizia a intravedere la luce del sole.
Luigi Prestinenza Puglisi ci relaziona – dalle pagine di Arch’it – su quanto emerso dalla selezione del Premio Borromini nella categoria “giovani”. Rimandano queste esperienze ad altre iniziative di testate ed incontri/seminari, l’autore di “Silenziose avanguardie” – vedi www.architettura.it – trae ottimismo dal clima che si sta venendo a creare in Italia: finalmente, anche i media più prestigiosi, s’interessano più ai giovani che non ai santoni. Ed i giovani architetti, attenti anche a quanto succede al di fuori dell’Italia, da questo clima ne traggono grande giovamento.
Il problema è solo quello di capire dove stiamo andando, e che tipo di avanzamento si possa registrare allo stato delle cose. Il mutato clima culturale si riscontra anche nell’indirizzo della ricerca che i giovani sembra diano all’architettura contemporanea. Gli anni che seguiranno saranno per lo più improntati a consolidare il Minimalismo.
Puglisi trova la risposta più plausibile a tale questione individuandola nella “reazione all’eccesso di forme del decostruttivismo e alle tendenze neobarocche di alcuni grandi maestri: penso a Gehry ma anche alla Hadid”.
Sicurezza del futuro sviluppo dell’architettura ove “…dopo il decostruttivismo la tendenza vincente sarà il minimalismo”.
Tutto così semplicemente spiegabile? Il decostruttivismo è già roba vecchia? Gehry ci ha già detto tutto quel che voleva, esaurendo la ricerca in tendenze neobarocche?
Tra le condizioni che determinano la confusione c’è anche quella di volere, a tutti i costi, trovare sempre e comunque qualcosa che elimini lo stato precedente. Le nomination del Premio Borromini hanno chiaramente sentenziato che ” …l’architettura digitale, con le sue forme bloboidali e fluide, con appena una decina di nomination, sembra in crisi”.
Caro Luigi, perché definisci l’opera di Gehry ” neobarocca”? E, soprattutto, non credi sarebbe il caso di dare più specificità a tale definizione? Detta così, per i più, neobarocche potrebbe sembrare termine negativo, indicante qualcosa che non ha contenuti, generazione di – appunto- “eccesso di forme”.
Tu sai che così non è, ma sai anche che – per chi ti legge- potrebbe essere un fraintendimento.
Nelle tue considerazioni fatte in “Silenziose avanguardie” non c’è traccia di tale perentorietà. Il pericolo che si corre non è da poco, poiché rischiamo ancora una volta di archiviare momenti fondamentali della modernità, soppiantandoli con nuove tendenze. Sembra che non se ne possa fare a meno: necessità di sostituire qualcosa con altro.
Quando dici “…le prossime ricerche saranno forse meno attente a formalismi spettacolari e più orientate a indagare in che modo effettivamente la rivoluzione informatica cambierà il nostro modo di porci di fronte allo spazio” , si corre il rischio di enucleare le ricerche spaziali di Gehry ( che è parte importante della rivoluzione informatica) e degli anticlassici anni ’90 a inguaribili inseguitori di architettura che stupisca, ma fine a se stessa. Vogliamo dunque dare ragione a Gregotti e Portoghesi?
Io so bene che tu non la pensi come loro e che quanto hai scritto in This is tomorrow ed in Silenziose avanguardie ne è la prova. Da ciò nasce la mia titubanza su quanto ho letto in Tendenze dell’architettura contemporanea.
In rapporto a quanto leggiamo ad esempio nel tuo seminario su Arch’it, queste parole mi sembrano un po’ fini a se stesse, scritte per dovere di cronaca dell’evento, piuttosto che per farne spunto di critica.
Vero è che si sta vivendo un momento di fermento ove non ci sono – fortunatamente!- precise regole da seguire e codici prestabiliti; in cui la ricerca della modernità non è più una frustrazione bensì uno stimolo.
Per tutto ciò, ancora più importante è il ruolo della critica architettonica.
Dalle tue parole traspare la convinzione che il minimalismo prevalga sull’architettura digitale. Lo hai verificato, sicuro. Ne prendiamo atto, ma con la preghiera di non cercare a tutti i costi di volere superare un passato recente che ancora presente è.
Tu, che lo conoscevi bene, hai ben presente quanto diceva Zevi :”ciò che avviene cronologicamente dopo non è, di necessità più avanzato di quel che accade prima”. Del resto, in This is tomorrow tieni a sottolineare l’importanza -per la situazione contemporanea- di culture di ricerca collocabili nel tempo sino quaranta anni fa.
Caro Luigi, è proprio necessario stabilire quale sia la “tendenza” che l’architettura seguirà? Io ho sempre considerato tale atteggiamento complice della riduzione della libertà espressiva dei singoli.
Dove stiamo andando? Dove sta andando la giovane architettura? Venerdì 11 maggio parlerai agli studenti del Politecnico di Milano. Sarà un occasione importante per approfondire l’argomento dentro l’istituzione università, colpevole per tantissimi anni di non essere stata sede privilegiata in cui farlo.
Avere registrato il cambiamento in corso – nuove costruzioni, incarichi ad architetti importanti, interesse dei media per i giovani architetti- non basta : bisogna penetrare a fondo nelle fondamenta universitarie, sino ad eroderle. Con assoluta convinzione.
(Paolo G.L. Ferrara – 9/5/2001)
Categorie