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Storia e Critica

Miseria e nobiltà

Diecimila miliardi per attraversare lo stretto di Messina. Un bel ponte che in cinque minuti massimo ci consentirà di arrivare più velocemente in Sicilia. Cinquemila a carico dello Stato e altrettanti a carico dei privati.
Sarà un’opera di altissima tecnologia ingegneristica e vanto della nostra Italia nel mondo.
Arriveranno turisti a valanga e, nello stesso tempo, gli agricoltori e gli industriali siciliani vedranno aumentare la richiesta dei loro prodotti. Tutto questo grazie al risparmio di tempo che ci sarà per arrivare dal “continente” in Sicilia. Cinque minuti assolutamente decisivi per lo sviluppo della Sicilia e dell’intero sud Italia…a detta di molti.
Un caro amico di famiglia- l’ing. Leonardo Curreri – di grande senso di spirito, auspicava già venti anni fa che per entrare in Sicilia ci volesse il passaporto. Ironia amara di un uomo che aveva vissuto tutta la telenovela della costruzione del ponte, iniziata quasi all’indomani della fine della seconda guerra mondiale, dopo le velleità separatiste di Salvatore Giuliano, di Finocchiaro Aprile e della Mafia.
Velleità che finirono in un cortile di una casa nobiliare di Castelvetrano, morte insieme a Salvatore Giuliano.
Il dietrofront della Mafia uccise Giuliano ed il sogno separatista; la Sicilia – e gran parte del sud- continuarono ad essere riserva di mano d’opera per le industrie del nord. Da allora la Sicilia ha visto sorgere pezzi di autostrade, due aeroporti medi e si è vista sottrarre molte linee ferroviarie. Attraversato lo stretto in cinque minuti, per arrivare a Palermo ci si metterà lo stesso tempo che occorre oggi: dalle tre alle quattro ore. Arrivare a Trapani o ad Agrigento? Meglio lasciare perdere.
Diecimila miliardi per risparmiare venti minuti di traghetto o diecimila miliardi per creare infrastrutture, strade, ferrovie, aeroporti, produttività? Sappiamo tutti molto bene che il fenomeno mafioso ha fatto da alibi al mancato investimento nella produttività della Sicilia. Sappiamo tutti molto bene che diecimila miliardi fanno gola a molti.
La necessità del ponte è tale solo se verrà prima assolta quella dello sviluppo interno della Sicilia e della Calabria. In caso contrario, il ponte sarà necessità solo per chi ha già fatto i calcoli su quanto potrà mangiarci.
Miseria del sud e nobiltà di un’ardita struttura architettonico/ingegneristica?
Augurandoci che non sia così, riportiamo il commento di Bruno Zevi sul progetto di Giuseppe Samonà per il piano regolatore di Messina, di ben quaranta anni fa. Leggendolo sembra che il tempo si sia fermato. In quaranta anni non si è fatto nulla di buono per lo sviluppo delle vie di comunicazione con la Sicilia; l’aeroporto di Punta Raisi? Fu la prima grande speculazione edilizia politico-mafiosa . Si costruì lì dove era assolutamente idiota fare uno scalo aereo, sia per le condizioni metereologiche – spira spesso un vento violento- sia per la morfologia del luogo – mare e montagna che delimitano l’area- . Però si costruì, costringendo i contadini a vendere gli appezzamenti di terreno a costo irrisorio a uomini d’onore, i quali poterono rivenderli a prezzi esorbitanti.
Gl’interessi mafiosi sulle grandi opere edilizie – con la puntigliosa collaborazione della politica- hanno condizionato in modo palese la realizzazione di architetture degne di tale nome. Succederà anche per il Ponte sullo stretto.
PaoloG.L.Ferrara

ISTMO-PONTE PER ATTRAVERSARE LO STRETTO
di B. Zevi- in Cronache di architettura n°372- 21.6.1961

Scegliendo il progetto redatto da Giuseppe Samonà e dei suoi collaboratori A.Bonafede,R.Calandra,N.Cutrufelli,G.De Cola e A. Samonà, la giuria del concorso per il piano regolatore di Messina ha stabilito una direttiva urbanistica che esorbita dall’ambito degli interessi comunali per strutturare un vasto territorio che comprende l’entroterra della provincia messinese e la Calabria meridionale. Decisione lungimirante, consona alla scala dei problemi quali si pongono nella seconda metà del ventesimo secolo.
E’ ben noto che le navi-traghetto dalla Calabria alla Sicilia paralizzano il porto di Messina per una gran parte delle banchine;inoltre,sono ormai così inadeguate all’intenso traffico che, nei periodi di punta, i treni merci attendono per intere giornate di essere inoltrati; per giunta, incrociano la rotta dei traghetti aggravandone le difficoltà. La costruzione di un ponte appare dunque indilazionabile e tutti i tecnici lo riconoscono. Ma il pregio del progetto di Samonà consiste nell’imperniare su di esso sia il sistema di comunicazioni del comprensorio che la nuova attrezzatura portuale. L’allacciamento previsto consente di attraversare lo stretto in dieci minuti, con ogni tipo di treno e di auto: si tratta di un ponte inedito, con porto situato nella zona settentrionale, verso i laghi di Ganzirri, dove l’ansa della sponda rende lo specchio d’acqua defilato alle forti correnti. All’istmo artificiale proteso sul mare, di forma arcuata per circa un chilometro, si innesta il ponte vero e proprio, sospeso, per il resto dell’attraversamento. Ne risulta un paesaggio dominato da una straordinaria architettura, dai poderosi attacchi dell’istmo-ponte con le strade che da settanta metri di altezza si innestano sulla montagna o scendono a spirale fino alla quota del mare.
Le comunicazioni tra città ed entroterra vengono radicalmente alterate. Attualmente la strada che valica la catena montuosa dei Peloritani, sbarrando Messina verso il mare, è caratterizzata da sproporzionate pendenze ed angusti raggi di curvatura; e quella ferrata, attraversati i Peloritani in galleria, perviene al mare con una stazione di testa che invade l’area del porto e paralizza la scorrevolezza dei traffici ferroviari verso Catania e Palermo. Il progetto rivoluziona tale sistema: in rapporto alla nuova provenienza della direttrice ferroviaria e stradale,la linea ferrata si dispone in senso longitudinale lungo le colline, alle spalle della città ed a quota 70 sul livello del mare. La stazione, ubicata in questa zona alta, in posizione baricentrica rispetto al nucleo urbano, sarà ad esso collegata mediante la trasversale rettilinea già esistente, opportunamente ampliata: stazione non più di testa, ma di transito, per consentire un veloce smistamento dei treni. Altrettanto fluido il traffico stradale: partendo dall’intestatura del ponte sulla collina, si svilupperà parallelamente alla linea ferroviaria, con un percorso che scende a quota più bassa solo nella zona estrema della città, in direzione di Taormina e Catania, e si biforca a media altezza per dirigersi verso Palermo. Questa nuova arteria consentirà di liberare Messina dal pesante condizionamento che l’ha sempre spinta verso il mare, costringendo il centro urbano in una ristrettissima zona pianeggiante e in alcune espansioni linguiformi entro i canaloni scavati fra i dossi collinari. L’organico contatto con l’entroterra, previsto dalle nuove comunicazioni, favorirà l’espansione industriale già in atto. Messina, con il suo istmo-ponte, il porto potenziato e le grandi arterie ferroviarie e stradali a monte, potrà divenire il fulcro direzionale di un vasto comprensorio economico esteso fino alla Calabria meridionale […] Samonà non distingue tra urbanistica ed architettura; risolve la seconda nella prima, e viceversa. La dimensione spaziale del suo ponte, librato a settanta metri di altezza, è apparsa a prima vista frutto di fantascienza; ad un esame rigoroso, si è dimostrata invece l’unica ragionevole e adatta allo scopo. L’attraversamento dello stretto è solo un dato del tema: il ponte è strumento, e simbolo, del riscatto economico e sociale di un comprensorio territoriale che lega il continente alla Sicilia.

(Paolo G.L. Ferrara – 7/5/2001)

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