Ci siamo andati per curiosità. Sandro Lazier ed io siamo molto curiosi.
L’Ordine degli architetti di Milano ha invitato i suoi iscritti -e non- a dibattere sul rapporto tra le vecchie e nuove metodologie di diffusione dell’architettura attraverso i media. Interessante, sulla carta.
E’ un argomento di grande attualità, che dovrebbe interessare tutti i professionisti – almeno quelli con un minimo di senso critico- con la voglia di essere al corrente sui cambiamenti e le novità che l’architettura sta vivendo, anche per mezzo dei nuovi media.
L’ordine di Milano conta migliaia di iscritti; in sala siamo in circa sessanta, di cui almeno una ventina sono studenti. Ai colleghi assenti vanno i miei complimenti per il grande interesse dimostrato.
Di più. L’argomento trattato è di primaria importanza, anche -e soprattutto- per il ruolo che i media hanno in rapporto alla diffusione della cultura architettonica all’interno delle Università. Sarebbe stata gradita la presenza di qualche personalità del Politecnico di Milano ( Preside, Vice preside, direttori di dipartimento), in rappresentanza dell’Istituzione in cui si formano i futuri architetti. Invece, neanche l’ombra.
C’era il Prof. Pier Luigi Nicolin, ma in rappresentanza di Lotus e di se stesso, invitato tra i relatori.
Lotus, Abitare raisat art, Arch’it i tre tipi di media su cui dibattere. Nicolin, Morteo e Brizzi a dar loro voce.
Il pubblico si aspetta un serrato, ma fruttifero, confronto sulle diversità ed i ruoli dei tre diversi mezzi di comunicazione.
Ci sono alcuni studenti molto attivi, proiettati a capire come stanno le cose da parte di chi è già calato nella realtà, studenti attivi anche nell’intraprendere iniziative personali, per dare spinta e spunto al dibattito contemporaneo. Annette Tosto è impegnata a coordinare www.luoghi.net , con l’obiettivo di fare interagire studenti e docenti, mondo culturale e mondo studentesco. Pregevole.
A Roma, dieci giorni prima, avevamo avuto modo di sentire gli autori di www.architecture.it , anch’essi molto giovani ed intraprendenti. Sul web si respira aria nuova, indubbio. Su architecture.it, ho scoperto www.zonanomala.it , aria nuova dalle Università.
A Milano le argomentazioni sono da spot pubblicitario; durante tutta la serata non si è mai sfiorato l’argomento che doveva essere la base di discussione: che tipo di rapporto si sta instaurando tra le tradizionali vie editoriali e la rivoluzione portata dal web?
Lotus è rivista di consolidata fama, con una linea editoriale che ha carattere critico, impegnata a parlare d’architettura secondo il pensiero del Prof.Nicolin. Ottimo: prendere posizione, e portarla avanti con argomentazioni valide, contribuisce a dare energia al dibattito culturale, a prescindere – sia chiaro- dalla posizione che si assume.
Pur con la personale linea editoriale, Lotus non fa parte delle riviste trabocchetto, quelle in cui si blatera architettura.
Quale il ruolo del Prof.Nicolin nel dibattito organizzato da Franco Raggi? Probabilmente per i miei limiti di comprensione, non l’ ho capito, ma ho notato la bravura di Nicolin a sgusciare dai pericoli del confronto con il web. Forse non gl’interessava neanche parlarne.
I compartimenti stagni in cui vive la cultura architettonica italiana si rivelano anche in questa serata.
Mi chiedo che motivo ci fosse d’invitare Marco Brizzi solo per chiedergli i “numeri” prodotti dalla testata che dirige.
Quale rappresentante della novità web che sta sconvolgendo anche l’editoria, Arch’it avrebbe dovuto essere il perno del dibattito, tant’è che lo stesso Brizzi ha precisato che sarebbe stato più utile fargli domande, facendo intendere quanto fosse banale parlare delle solite cose che si devono dire quando si è costretti a parlare di sé.
Arch’it è il “nuovo”, ma ciò non significa che il resto sia necessariamente “vecchio”; stampa e tv hanno la possibilità di continuare a mantenere una posizione di assoluta importanza nella diffusione culturale dell’architettura. Ma devono capirlo. Come? Cercando di studiare l’avversario per loro più pericoloso: il web.
Un pericolo che rischia di annullare le loro potenzialità.
Su tale argomento, il mio disappunto sulle parole di Morteo si è incrociato con i suoi atteggiamenti insofferenti. Poco male. Ciò che conta è la presa di coscienza che gli interessati difficilmente accettano critiche al loro lavoro.
Abitare racconterà -al pubblico di RaiSat art- “cose anche complicate, ma nel modo più semplice possibile”.
Eliminando a priori ” qualsiasi intenzione didattica” e allontanandosi “da tentazioni troppo accademiche”, il direttore Morteo organizza un palinsesto variegato, che spazia da design all’architettura, ma che non ha alcuna intenzione di creare contraddittorio. Male, malissimo. L’ architettura in tv si auto-esclude dalla possibile sinergia tra media. La tv, così presentata, è già vecchia per sua scelta.
L’Arch. Morteo sa sicuramente che oggi si ha la possibilità di ascoltare, vedere – e magari interagire- la conferenza o l’intervista ad un architetto quasi in tempo reale, tutto ciò grazie al web.
Di più: possiamo cercare filmati negli archivi on line, scaricarli e vederli. Possiamo sapere – ad esempio- cosa Livio Sacchi ed Antonino Saggio si sono detti ed hanno detto agli studenti dell’Università di Pescara. E lo possiamo fare quasi in contemporanea all’evento.
C’è di più. Credo sia ingenuo affermare che non si vuole fare didattica. Chi osserva ed ascolta la tv, recepisce i concetti e le immagini. Il problema è che non c’è contraddittorio. Se Gregotti mi parla della Bicocca, ne capterò il messaggio, così come farei ascoltando Gehry parlare del suo Bilbao. Vero: chi meglio dello stesso progettista può parlarci del suo prodotto? Ma la cultura la si deve fare (non solo recepire) ed il mezzo principe è, e resterà, il confronto. Dopo il filmato su Gehry o su Gregotti, sarebbe interessante ascoltare pareri diversificati, stimolanti per la comprensione dell’opera.
Il problema non è con chi schierarsi, ma potere avere input da più parti.
In Tv, Abitare non avrà concorrenza nel suo settore: sino ad oggi abbiamo assistito esclusivamente alle idiozie stile Nonsolomoda, dunque al nulla. L’Arch. Morteo prospetta approfondimenti per il futuro, sapendo bene che le potenzialità ci sono. Almeno, così credo.
Resta il fatto che anche Morteo ha palesemente glissato il confronto con la nuova realtà web. Abbiamo assistito a cinque minuti di filmato/spot, in silenzio (qualche mormorio, dei maschietti, solo quando è apparsa una cubista…), in riga e composti, come si conviene quando si guarda la Bicocca di Gregotti.
Sandro Lazier mi stuzzica sottovoce; è la sua tattica per mettere in moto le mie reazioni a ciò che ascolto.
Lui ha un gran vantaggio: è più pacato, ma assolutamente più tagliente.
Ho dibattuto con Morteo, ma non conta ciò che ci siamo detti. Sin dall’inizio non c’è stata sintonia, quindi il nostro “scontro” non è stato proficuo per nessuno. Abbiamo perso entrambi.
L’architettura italiana è molto poco considerata all’estero. E con essa, anche i nostri critici, le nostre riviste. Lo ha affermato Nicolin, e noi gli crediamo. Dice che questa situazione dura da circa dieci/quindici anni. Ma non ci dice i perché.
Altro punto a favore del web, unico mezzo che può trasmettere la contemporaneità italiana a tutto il mondo, senza dovere passare per le redazioni delle riviste cartacee o delle tv, dove ci si deve genuflettere ad interessi personali e commerciali.
Al convegno di Roma organizzato dall’Inarch, Antonino Saggio ha espresso l’opinione che tutti dovremmo avere almeno una home page su internet. Il senso di quell’affermazione mi è tornato prepotentemente in mente nel momento in cui Nicolin ha ironizzato sui siti degli architetti – per la precisione, di grandi architetti- definendoli “ridicoli”. La differenza la fa sempre l’intenzione: vero, un sito può trasformarsi in mera pubblicità (Nicolin), ma può essere anche mezzo per mettersi in discussione, per rendere pubblico il proprio pensiero e la propria opera (Saggio). Un mezzo libero, fatto di contenuti, individuabili nella sua strutturazione.
E’ stato assolutamente banale chiedere a Brizzi i numeri di Arch’it, perché ciò su cui si dovrebbe soffermare l’attenzione sono i contenuti. Contenuti forti quelli di Arch’it, soprattutto perché vige la libertà di espressione.
Anche la sezione delle news, che all’apparenza potrebbe sembrare la più scontata, è di importanza non sottovalutabile. Essa ci permette di essere al corrente degli avvenimenti in tempo reale. Possiamo sapere cosa succede a New York o a Benevento, nel medesimo istante. Le news sono da lincare, e ci rimandano direttamente ad altri siti, in cui troviamo l’argomento trattato. Il canale di comunicazione è vivo e ci spinge a volere attingere sempre di più. Sono un punto di partenza verso altri siti inerenti l’architettura.
Il web annulla la zavorra che in molte riviste cartacce è identificabile con atteggiamenti pseudo-culturali.
L’ annulla perché è l’utente che può scegliere dove andare e perché.
L’utente interagisce sempre più nel processo di riformazione della libera cultura, a vantaggio soprattutto di chi, come gli studenti, non è ancora invischiato in marchette professionali, quelle che si fanno per il quieto vivere e per la carriera.
Con il web sta nascendo ciò che Zevi prospettava: organi concorrenziali alle università per “eliminare o almeno attenuare il torpore che deriva dal monopolio, al fine di riassorbire la pseudocultura e l’incultura universitaria trasformandola in autentica cultura”.
Le riviste cartacee e le tv dovranno adeguarsi ai tempi, rivedendo la loro impostazione, dando spazio a chi lo merita perché ha qualcosa d’interessante da dire. Dovranno riconsiderare il ruolo degli studenti – che poi sono il pubblico a cui sono indirizzate, quantomeno per questioni di fatturato- dando spazio al loro pensiero, alla loro crescita. Più indirettamente, dovranno tornare ad essere sede di dibattito, interagendo tra loro in modo positivo, prendendo sì posizione culturale, ma senza però isolarsi dal confronto.
La rivoluzione informatica non è solo innovazione delle tecniche di lavoro e di progettazione – e, di conseguenza, dei linguaggi dell’architettura- ma soprattutto rivoluzione dei rapporti tra uomini di cultura, per poterla fare e trasmettere.
Ecco la forza del web, in tempo reale: in merito alla rivoluzione informatica, vi rimando al sito www.arc.uniroma1.it/saggio , quello che io considero il sito più attivo nel cercare di fare interagire cultura universitaria e libera cultura, in una parola, l’ Università dell’aria auspicata da Zevi ( vedi “Editoriali di architettura” – Piccola Biblioteca Einaudi- 1979 – pag.388). Basta un “click”.
Un “click” che apra e non che chiuda, come quello di un interruttore che spegne le luci su riviste di carta e tv.
Tutti i media sono fondamentali. L’importante è capire come innovarli. Di contro, la lenta e inesorabile fine.
(Paolo G.L. Ferrara – 19/3/2001)
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