Gli studenti universitari non conoscono la storia dell’architettura. Ne hanno nozioni, inutili e dannose a loro stessi. Parliamo di studenti alla fine del loro iter di studio, dunque il fatto è realmente grave perchè , laureandoli, se ne leggitimerà l’impegno e la preparazione. Metodologie d’insegnamento sotto accusa, programmi inadeguati, superficialità nell’insegnare la storia esponendola esclusivamente per eventi ben distinti l’uno dall’altro.
L’applicazione alla fase progettuale delle personali nozioni storiche dà vita a lavori che non hanno contenuti concettuali, riducendosi a mere esercitazioni stilistiche.
La storia dell’architettura è vittima della falsa ipotesi per cui essa debba essere insegnata solo per quel che è, appunto solo “storia”. Si riportano cronologicamente dei fatti, senza che essi stessi vengano scandagliati profondamente, trovandone interconnessione con altri di epoche temporali, anche molto distanti tra loro. Da qui, la solita solfa della suddivisione in “stili” : finisce il Romanico ed inizia il Gotico, a sua volta soppiantato dal Rinascimento, quest’ultimo vittima del Manierismo che prelude al Barocco, e così via…
La catalogazione netta all’interno di precisi stili dei vari architetti, non lascia alcuna possibilità agli studenti di ipotizzare connessioni linguistiche tra essi. A questo punto, studiare si riduce a mero apprendimento nozionistico di avvenimenti storici. Tant’è che, ancora oggi, al momento di progettare, lo studente è quasi costretto a decidere in che “stile” farlo : minimalismo, decostruttivismo, post modernismo, accademismo, e chi più ne ha più ne metta!
Non si tratta di voluta presa di posizione per parlare un determinato linguaggio – cosa apprezzabilissima- ma di costrizione scaturente dalla didattica inculcata nella maggior parte dei corsi di storia.
Unico, scontato, risultato è la crisi della creatività, cioè quel qualcosa che basa la ricerca <<…nella qualità spaziale e nell’esperienza dello spazio…>> (Hertzberger) .
Mancanza di creatività significa sfociare nell’imitazione : <<…se gli studenti non sono spinti a pensare all’arte come ad una profonda estensione esplorativa della loro personalità, come potranno trovare i mezzi visuali per esprimerla?>> (James Wines) .
Ma come si potrebbe spingere gli studenti a “ pensare all’arte come ad una profonda estensione esplorativa della loro personalità” ? Rileggendo modernamente la storia, dunque eliminando catalogazioni, suddivisioni, recisioni, applicando alla storia dell’architettura la lettura spaziale delle opere.
Dunque, Storia dello spazio architettonico, e non più Storia dell’architettura.Lo studente deve imparare a leggere l’architettura attraverso la sua storia, comprenderne i significati spaziali oltre qualsiasi puro riferimento stilistico.
Cosa fanno le scuole di architettura? Insegnano la storia, ma non basta. Per conoscere che Michelangiolo progettò la Piazza del Campidoglio non è necessario andarlo ad apprendere in un’aula universitaria. Basta un a buona enciclopedia.
Il paradosso si sfiora quando, seguendo un corso di Storia dell’architettura moderna (sottolineamo, moderna…), lo studente svolge un programma didattico che si basa sul Rinascimento… . Purtroppo capita, ma nessuno si scompone, perchè è eresia chiedere lumi in merito, in quanto si rischierebbe di rompere equilibri corporativisti oramai consolidati.
Ma che senso ha la suddivisione dei corsi in Storia dell’architettura, Storia dell’architettura moderna e Storia dell’architettura contemporanea se poi si attuano programmi assolutamente estranei ad i loro reali contenuti? Non s’ intuisce che, così facendo, si danneggia lo studente, che lo si disorienta? Ma che tipo d’ impegno si pretende dallo studente? Fisico ( tomi su tomi da studiare, righe su righe da tirare) o intellettivo (capacità di ragionare sull’architettura, stimolandolo con argomentazioni valide) ?
La conoscenza della storia dell’architettura è base imprescindibile del fare architettonico, poichè essa consente di assumere – come giusto che sia- posizione critica, esplicata attraverso la progettazione.
L’Università non può essere sterile.
L’insegnamento della storia deve essere assolutamente relazionato a quello della progettazione, iniziando lo studente a leggere l’architettura costruita – Storia– e, parallelamente, a costruire la scrittura del proprio testo – Progettazione– . Oltre ciò, la riduzione nozionistica che sfocia esclusivamente nel copiare senza capire.
Va da sè che, se definire Bruno Zevi “ critico nevrotico” ( articolo su Domus , settembre 2000, definizione di Giuliano Della Pergola) è libertà di pensiero che noi rispettiamo – sia ben inteso: solo la libertà- , sarebbe interessante che gli studenti commentassero quanto da Zevi detto in merito all’argomento che stiamo qui trattando : <<…avete mai passeggiato nelle aule di una facoltà di architettura? Un temporale di parole insensate, di pressappochismi, di pseudo-concetti colpisce quotidianamente gli studenti, li stanca, li sfibra, li stordisce, li passivizza. Chiacchiere sciatte a non finire. Si commentano i testi senza leggerli, senza “suonare” l’architettura, cioè senza fruirne gli spazi e i volumi in modo dinamico, aperto, problematico, ambiguo>>.
Era nevrotico Zevi o forse, se concordate, siete anche voi tutti “nevrotici” …?
(Paolo G.L. Ferrara – 20/9/2000)
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